Chi sono i nativi digitali?
Nativo digitale…parola difficile, usata spesso con significati controversi per indicare le generazioni nate generalmente dopo gli anni 2000. Siamo davvero sicuri che sia questo il suo significato?
Secondo Treccani, un nativo digitale è chi è abituato fin da piccolo ad usare strumenti elettronici quali computer, smartphone o tablet. E fino a qui va bene, ma si può essere davvero certi che un bambino di 6 anni sappia veramente utilizzare un telefono e non si limiti solo a giocare o a guardare video su Youtube? Un ragazzo che sta tutto il tempo sui social a mettere like o a chattare è un nativo digitale?
Secondo quanto riportato da We Are Social, che con Hootsuite ha avviato il progetto Global Digital Report, nel 2018 solo in Italia su 59,33 milioni di abitanti 43,31 sono utenti internet e di questi 34 milioni sono attivi su social media come Instagram, Facebook e Twitter. Il risultato è che un italiano medio passa 6 ore al giorno online. Tra social, internet, musica streaming e trasmissioni on demand non ha certo di che annoiarsi!
Questi dati fanno molto riflettere, anche a fronte del momento che l’Italia sta vivendo soprattutto dal punto di vista politico, poiché l’utilizzo inadeguato dei social e di internet porta spesso alla disinformazione o al decadimento verso lo squallore di certi soggetti politici.
Come dice Massimo Mantellini nel suo libro intitolato Bassa risoluzione, libro che consiglio di leggere per chierezza e precisione su questi argomenti, il nostro è un mondo che sempre di più si sta accontentando di vivere in superficie, e ,a giudicare da questi numeri, sembrerebbe proprio che la causa principale sia l’evoluzione di tutti questi nuovi portali online. Un problema di tale portata non affligge però solo i cosiddetti nativi digitali poiché la disinformazione colpisce veramente tutti, essendo mirata a diverse fasce di età; ovvio è che i ragazzi siano ben più soggetti a questo fenomeno avendo già dalla nascita una cultura social che li porta a credere a tutto ciò che si vede o si sente sui social e a venerare questi ultimi come delle divinità.
Secondo molti studiosi del campo questa nuova generazione non è del tutto e così negativa come si è abituati a pensare, poiché sono proprio loro a portare avanti lo sviluppo tecnologico, ar tecnologico sta progredendo. Si prevede che intorno al 2050 si arriverà ad avere un incremento di posti di lavoro del 50% con la nascita di nuove figure professionali o impieghi che oggi ancora non esistono e che sono collegati alla tecnologia e alla digitaliazzazione del lavoro in direzione 4.0.
Finora abbiamo deciso di lasciar parlare i dati e le persone esperte; vediamo invece cosa ne pensa la gente comune, come risulta dalle brevi interviste di seguito riportate:
“Credo francamente che la generazione dei nativi digitali sia un vero e proprio disastro, dal punto di vista culturale e sociale, e penso che dovrebbero imparare a mettere giù telefonini e tablet e cominciare a viaggiare.” (Marco, 37 anni)
“Mi dispiaccio quando vedo ragazzini, anche molto giovani, andare in giro con la faccia incollata al telefonino. Io ho avuto il mio primo cellulare in terza media e ho vissuto tranquillamente la mia infanzia giocando con i miei coetanei all’aria aperta. Questo è l’unico consiglio che posso dare alla nuova generazione digitale.” (Maria, 20 anni)
“Sono perito informatico e ho due figli che usano i social come il pane e vedo che non hanno la minima idea del potenziale di questi strumenti. Un esempio banale può essere il calendario, di cui probabilmente ignorano l’esistenza. Il problema non sta nella curiosità ma nelle loro teste, abituate alla comodità di questi mezzi.” (Tommaso, 44 anni)
“Sono indifferente verso queste generazioni ma credo che per il loro bene debbano essere sia più curiosi che più operativi anche manualmente. Il mondo non è quello dietro allo schermo luminoso.” (Daniele, 32 anni)
“Secondo me i cosiddetti nativi digitali hanno una marcia in più rispetto a noi adulti, perché sanno utilizzare meglio la tecnologia. Certo rimane il rischio di isolarsi e vivere meno la realtà e per questo motivo consiglio di viaggiare molto e non perdere l’abitudine al dialogo.” (Alessandro Alfieri, senatore e membro del PD – 46 anni).
Di tali affermazioni mi ha colpito molto la visione più o meno positiva di tutti gli intervistati, che non vedono la “Next Generation” come un problema, al contrario come una potenzialità per il presente e per il futuro, come una risorsa che va sfruttata in modo positivo. Ritengo che noi giovani dobbiamo capire di essere fortunati ad essere nati in questi anni e cercare di esplorare la realtà tanto quanto ci interessa la tecnologia ed essere curiosi, perché come insegnano molti filosofi, la conoscenza non esiste senza l’esperienza.
Michele Panebianco, 4F
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