E’ oggi possibile guarire dall’HIV?

Si parla ancora di HIV

Un’altra persona si è aggiunta recentemente ai pochi casi di guarigione completa dal virus dell’HIV. Si trattano di rari casi, ma essi ravvivano la speranza di trovare una cura definitiva a tale sindrome; sindrome che, tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ’90 aveva seminato il panico: un’eventuale diagnosi corrispondeva praticamente a una condanna. Al giorno d’oggi le cure garantiscono una vita praticamente normale e la ricerca non smette di fare passi avanti; tuttavia, ogni anno nel mondo si registrano ancora due milioni di infetti.

Ma che cos’è l’HIV?

Dunque, si è parlato molto di questa sindrome negli anni, ma effettivamente, di cosa si tratta? L’HIV (virus dell’immunodeficienza umana) è un virus, che causa l’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita). Il virus va a intaccare le difese immunitarie del nostro corpo: per replicarsi, esso distrugge i globuli bianchi, in particolare i linfociti CD4+. Per questo motivo, le persone affette, se non curate, possono morire o subire gravi complicanze anche per un comune raffreddore.

Il contagio

L’HIV si trasmette tramite liquidi biologici, quali sangue, sperma, secrezioni vaginali e latte materno, di persone affette dal virus non in cura; quindi l’infezione avviene quando uno di questi liquidi entra nel corpo di una persona sana tramite lesioni anche non visibili della pelle o delle mucose, attraverso rapporti sessuali non protetti (trasmissione sessuale), scambio di siringe, trasfusioni o trapianti (trasmissione ematica) o allattamento al seno (trasmissione verticale).

Come agisce?

Inizialmente, il virus aderisce alla proteina CCR5 (nella maggior parte dei casi) situata nella membrana plasmatica della cellula ospite. Dopodiché esso penetra nella cellula per fusione tra il rivestimento virale e la membrana plasmatica dell’ospite, il capside degenera e l’RNA virale viene liberato all’interno. Si tratta di un retrovirus, utilizza quindi la trascrittasi inversa, un enzima chiamato in questo modo dal momento che sintetizza DNA da RNA rispetto alla normale trascrizione DNA-RNA. La trascrittasi inversa produce un filamento di cDNA (DNA complementare), trascritto dal genoma a RNA del cromosoma della cellula, dando origine a un provirus (termine per indicare appunto la forma in cui un virus si integra nel genoma di una cellula ospite). Da questo momento in poi, il virus utilizza i meccanismi di produzione di risorse della cellula, poiché essendosi integrato nel suo genoma, il cDNA viene trascritto in RNA e trasportato nel citoplasma; qui, a livello dei ribosomi viene tradotto in proteine, da cui hanno origine glicoproteine, capsidi, RNA e rivestimenti virali. Una volta formato, una seconda “copia” del virus fuoriesce dalla cellula per gemmazione, continuando il processo di infezione dell’intero organismo.

Il virus in azione

https://www.youtube.com/watch?v=EHF6YdExick

Il link permette la visione un piccolo video osservato in diretta in una coltura cellulare dell’Institut Cochin, in Francia, in cui si può vedere il virus che forma il sincizio o sinapsi virale con una cellula epiteliale, usata da tramite per arrivare ai macrofagi sotto di essa. I macrofagi sono infatti un importante bersaglio del virus in quanto accumulano particelle virali, che andranno poi a diffondere e tenere nascoste in essi poiché poco raggiungibili dai farmaci.

Gli stadi della malattia

Dopo il contagio seguono quattro fasi: l’incubazione, asintomatica, dura dalle due alle quattro settimane dal contagio; l’infezione acuta, che dura in media 28 giorni, in cui si possono presentare sintomi come febbre, linfonodi ingrossati, dolore muscolare, mal di gola, manifestazioni cutanee, mughetto, malessere generale, perdita di peso, nausea, vomito; periodo di latenza, che può arrivare anche a una decina d’anni; e infine l’AIDS.

Diagnosi possibile solo con un test

Per la diagnosi è necessario eseguire un test. Quello più utilizzato è il test ELISA, un test combinato in grado di rilevare gli anticorpi anti-HIV, prodotti dal nostro corpo per contrastare l’infezione, e specifiche particelle virali. Ci sono diverse tecniche per l’esecuzione del test, che si basano sostanzialmente sull’indentificare, con appositi enzimi o altre proteine, gli antigeni del virus. Il test può essere eseguito dopo tre-sei settimane dal contagio, poiché sussiste un periodo finestra in cui il nostro corpo non ha ancora prodotto gli anticorpi di risposta al virus; dunque, in questa fase si può risultare negativi, sebbene si sia subito il contagio e si abbia una forte carica virale e di conseguenza la possibilità di contagiare altre persone. Dopo tre mesi, è possibile individuare la malattia con una probabilità del 99%.

Una vita quasi nomale

Ad oggi non esistono ancora cure definitive contro l’AIDS, ma sono disponibili farmaci antiretrovirali adibiti a impedire la replicazione del virus nell’organismo. Essi sono tanto più efficaci quanto prima vengono somministrati e l’assunzione non va interrotta per il resto della vita del paziente. Sebbene non costituiscano una soluzione definitiva e rendano l’AIDS una sindrome cronica, i farmaci antiretrovirali assicurano alle persone affette un’aspettativa di vita quasi uguale a quella di una persona sana. Inoltre, questi farmaci rendono praticamente nullo il rischio di contagio per via sessuale nei confronti del partner sieronegativo. Esiste anche una profilassi pre e post-esposizione, ossia trattamenti farmacologici che riducono il rischio di contagio rispettivamente prima e dopo che la situazione di pericolo si verifichi o si sia verificata, anche se non si assicura un successo del 100%. In particolare, nella profilassi pre-esposizione può essere assunta una compressa al giorno o due compresse da 2-24 ore prima del rapporto e una 24 e 48 ore dopo il rapporto, mentre nella profilassi post-esposizione i farmaci in questione vanno assunti non oltre le 48 ore dal contagio e per 28 giorni.

Guarire con le cellule staminali

La ricerca medica va comunque avanti per cercare nuove cure. È sorprendente apprendere come una possibile soluzione al problema sia potuta avvenire quasi per sbaglio. Recentemente è stato dichiarato completamente guarito dall’HIV il paziente di Düsseldorf, che si aggiunge ai soli altri quattro casi al mondo: i pazienti di City of Hope, Londra, Berlino, New York, che sono rimasti naturalmente anonimi. È vero che i pazienti in questione sono completamente guariti, tanto che non hanno più bisogno di prendere i farmaci antiretrovirali, ma tutti loro hanno subito la rischiosa (che può essere letale) operazione del trapianto di cellule staminali. Questo trapianto è stato eseguito su pazienti affetti da altre malattie gravi, come il cancro, quale procedura come “salva vita”; infatti, le cellule staminali sono totipotenti o pluripotenti, cioè, riescono a differenziarsi in tutti o nella maggior parte delle tipologie di cellule, in modo da rinnovare quelle danneggiate dal cancro. I pazienti guariti, ricevendo cellule staminali da individui sani, hanno avuto la fortuna di ricevere cellule con una particolare mutazione genetica (CCR5-delta32), in grado di disabilitare un recettore delle cellule (CCR5) che permettel’ingresso del virus.

La proteina chiave

La proteina CCR5 (C-C chemokine receptor type 5) è una proteina presente sulla membrana dei leucociti e avrebbe il ruolo di attirare in tessuti e organi i linfociti T; accoppiata alla proteina G, lega specificamente la famiglia CC delle chemochine, una famiglia delle citochine, che regola il “traffico” di alcune cellule della risposta immunitaria, come i globuli bianchi. La CCR5-delta 32 è una mutazione per delezione (formatasi per eliminazione di basi azotate) della CCR5, presente sul cromosoma tre, in percentuali molto basse in omozigosi, ossia in due copie (la forma che combatte l’HIV). Tale mutazione porta a una diminuzione delle proteine CCR5 sulle membrane dei linfociti T CD4+.

Una nuova cura?

Dal momento che queste persone sono guarite, perché non è stata ancora trovata una cura su larga scala? I pazienti sono stati operati con una procedura molto difficoltosa, quella del trapianto di midollo osseo, applicabile solo a persone affette da gravi malattie, come la leucemia. Per di più il midollo osseo che hanno ricevuto presentava la mutazione CCR5-delta32. Quindi solo con una fortunata combinazione queste persone sono guarite sia dal cancro, sia dall’AIDS. Per quanto riguarda uno dei pazienti, è stato addirittura necessario usare le cellule staminali di un cordone ombelicale. Per questo motivo questa soluzione non può essere considerata quella definitiva, sia per la difficoltà di trovare un donatore, e oltretutto con una mutazione genetica di tal genere, sia per il rischio dell’intervento; tuttavia, ciò rappresenta una magnifica scoperta, che potrà sicuramente rappresentare un buon inizio per la ricerca di altre cure.

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