Sport e inclusione: l’esperienza di Daniele Cassioli

Lo sport ha da sempre un ruolo fondamentale nella società; oggi ancor di più è un importante strumento di inclusione e coesione sociale.

Lo sport è in assoluto un “alleato educativo” perché partite, gare e allenamenti sono autentici momenti di formazione grazie ai quali crescere ed evolvere come persone.

Molti sport insegnano il gioco di squadra, lo stare insieme, la condivisione di fatiche, successi e sconfitte. Inoltre, lo sport favorisce una maggiore conoscenza di sé e dell’altro; aiuta a credere in se stessi e nelle proprie capacità, a rafforzare il carattere. Grazie allo sport, si migliora la forza di volontà e la determinazione nel raggiungere i propri obiettivi. In questo modo i bambini da adulti avranno maggiori possibilità di creare un futuro migliore.

Quale sia, ma soprattutto dovrebbe essere il ruolo dello sport per chi ha una disabilità, me lo racconta Daniele Cassioli in un’intervista. Per essere felici bisogna fare un percorso, questo ci dice lo sport, ci aiuta a scoprire le cose che possiamo fare, non quelle che “non” possiamo.

Quando di mezzo c’è una disabilità è ancora più importante fare sport perché dà un senso di alleggerimento, di serenità, che spesso è impossibile vivere a causa di una difficoltà.

Chi è Daniele?

Daniele oggi ha 36 anni; è cieco dalla nascita e grazie allo sport ha capito che non bisogna mai arrendersi, che bisogna provare a trasformare i limiti in “andare oltre”.

Insieme ai miei genitori, lo sport è stato il primo a trattarmi come Daniele che sa fare e non come Daniele che non vede“.

Daniele nello sci nautico ha vinto 25 titoli mondiali, 27 titoli europei e 41 titoli italiani. Grazie ai suoi successi internazionali, è considerato il più grande sciatore d’acqua paralimpico di tutti i tempi.

Grazie allo sport non è mai stato solo ed è riuscito a socializzare nonostante il suo handicap. Ma soprattutto ha saputo superare i propri limiti, con grande forza di volontà e affrontando la vita con gioia e ironia.

Dallo sport ho imparato che possiamo fare quello che vogliamo: può diventare quel pezzo di strada che c’è tra noi e la felicità.”

Limite nel linguaggio comune ha un’eccezione negativa ‘è un limite’, ‘sei limitato’. Al contrario Daniele ci dice che il limite può essere visto come un’area di miglioramento e un’opportunità. Senza un limite non si potrebbe superarlo, andare oltre, sentirsi vivi e appagati.

La società deve essere l’allenatore e la famiglia il primo spogliatoio

Nell’intervista Daniele sottolinea che l’attività sportiva fa uscire i propri talenti, “li mette in mostra”, il proprio essere unico ed eccezionale. E il ruolo della società deve essere quello dell’allenatore che mette le persone nelle condizioni di esprimersi, che trova ad ognuno il proprio ruolo, che esalta il singolo, ma permette di vincere alla squadra.

Anche la famiglia gioca un ruolo fondamentale. Daniele è stato fortunato ha avuto due genitori che l’hanno sempre sostenuto, che di fronte alla cecità del figlio hanno capito che la cosa migliore per lui era non rinunciare, ma fin da piccolo provare ad andare oltre la disabilità. Già a tre anni ha iniziato a praticare sport col karate e il nuoto. La famiglia deve essere il primo spogliatoio, dove l’uno sostiene e sprona l’altro, dove non ci sono segreti e ognuno è se stesso, dove si studiano “gli schemi” per poi affrontare la sfida.

Quasi tutto nella vita è un gioco di squadra” .

Dovrebbe spettare a tutti questa responsabilità, tutti i giocatori in campo per crescere i ragazzi: genitori in primis, poi insegnanti, educatori e allenatori, in un’intesa tra le parti che ai nostri tempi sembra essere andata perduta.

Real Eyes, i “veri occhi” per i ragazzi e per la società

Daniele ha fatto sì che il suo modo di interpretare la vita andasse oltre se stesso, così ha deciso di portare la sua esperienza nelle scuole e nelle associazioni sportive, parlando dell’importanza dello sport per i giovani di diverse età. Lui stesso scrive: “Mi sono reso conto che la mia storia può essere uno stimolo per altri ciechi, soprattutto bambini”.

Ha fondato l’associazione Real Eyes Sport: l’obiettivo di Real Eyes Sport è quello di promuovere i benefici che l’attività motoria porta con sé, a maggior ragione in presenza di una disabilità. L’associazione sostiene le famiglie e avvicina allo sport i bambini non vedenti.

L’Associazione intende lo sport come un alleato educativo-riabilitativo in grado di valorizzare le differenze di ciascuno e si propone di trasmettere valori importanti come la fiducia nei propri mezzi e nei confronti dell’altro, la determinazione nel raggiungere gli obiettivi, la capacità di superare gli ostacoli attraverso l’impegno e la noncuranza delle rispettive condizioni di partenza

Forse la disabilità sta negli occhi di chi la guarda e Real Eyes dimostra che cosa i ragazzi riescono a fare, come superano i loro limiti.

Real Eyes mostra come lo sport possa avere una funzione riabilitativa, dove le differenze vengono superate. Dove prevalgono valori come la fiducia nei propri mezzi e verso gli altri, la capacità di raggiungere i propri obiettivi indipendentemente dal punto di partenza, la capacità di superare gli ostacoli attraverso l’impegno. E soprattutto divertirsi insieme, essere parte di un gruppo, poter dare il proprio contributo.

L’accettare la diversità, l’essere parte di un gruppo può essere “insegnato”, ci si può “allenare”; abituarsi alle differenze richiede un percorso, un allenamento che parte da piccini per diventare un nuovo modo di pensare e quindi di interpretare l’agire civile e culturale.

…Perché la vera cecità è tirarsi indietro e non affrontare la vita con coraggio e passione.

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