Idroelettrico: guardare al passato per un futuro sostenibile

La ricerca di un futuro sostenibile

In questi ultimi anni sta crescendo sempre più la ricerca di modalità per ricavare l’energia in maniera rinnovabile. Diventa chiaro come ormai l’unica soluzione per il futuro del nostro pianeta sia quella di affidarci a questo tipo di fonti. Questa necessità deriva in primo luogo dal fatto che le risorse non rinnovabili, come dice il termine stesso, non sono riutilizzabili e, quindi, sono destinate a lungo andare ad esaurirsi. In secondo luogo, la ricerca ha evidenziato come le risorse non rinnovabili siano anche la prima causa alla base dell’inquinamento globale. È anche a causa di queste motivazioni che è nata l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Si tratta del programma di azione delle Nazioni Unite, sottoscritto dai 193 paesi membri dell’ONU nel 2015. Il documento prevede 169 traguardi racchiusi in 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030. Nello specifico, per quanto riguarda il consumo di energia, il punto 7 contiene le principali direttive anche su come aumentare la produzione di energia proveniente da fonti rinnovabili. Tra queste fonti green utilizzate dall’uomo, la più antica è senza dubbio quella proveniente dall’acqua, ovvero l’energia idroelettrica.

I primi esempi di “impianti idroelettrici”

Tra i primi a studiare l’energia ricavabile dalla forza motrice dell’acqua si trovano popoli vissuti a partire dal IV millennio a.C., come gli Egizi, e dal II millennio a.C. come i Greci. Queste popolazioni iniziarono a costruire canali e mulini, che sfruttavano la forza motrice per far girare la ruota e macinare il grano. Successivamente, i Romani migliorarono la tecnologia già esistente, sviluppando in particolare grandiosi acquedotti. Avevano compreso come la pendenza ideale fosse possibile scendendo di un metro ogni cento metri di lunghezza. Durante il Medioevo l’utilizzo di energia idraulica è indubbiamente aumentato grazie al perfezionamento della ruota idraulica. La ruota veniva utilizzata in svariati modi, sia per macinare cereali, che per pigiare l’uva, come torchio per l’olio, o ancora come macina per i minerali o addirittura per alimentare le fucine. Vi erano varie tipologie di ruote, da quella che attingeva acqua proveniente dal basso o lateralmente, fino a quella che attingeva acqua proveniente da un canale sopraelevato.

I grandi cambiamenti di metà Ottocento

Cambiamenti importanti sono avvenuti nell’Ottocento, durante la Rivoluzione Industriale. Venne, infatti, inventata la turbina motrice, in grado di avere un maggiore rendimento rispetto alle ruote tradizionali. Una delle prime costruite nel 1848 è stata la turbina Francis, che sfrutta non solo l’energia cinetica dell’acqua, ma anche la sua pressione dopo che viene incanalata in un condotto a chiocciola. Proprio per questo motivo la velocità in uscita risulta maggiore di quella in entrata, rendendo difficile la regolazione e necessaria la presenza di turbine con dimensioni adeguate alla portata d’acqua per evitare danni. Nel 1879 venne, invece, realizzata la prima turbina Pelton, che presenta delle cavità, la cui forma ricorda dei grandi cucchiai, divise a metà per equilibrare il flusso dell’acqua. Questa turbina sfrutta un grande dislivello, in grado di trasformare l’energia potenziale dell’acqua in energia cinetica quando si scontra con l’ugello, dal quale poi fuoriesce il fluido e la mette così in funzione.  Nel 1913 venne realizzata anche la turbina Kaplan. Si tratta di una sorta di elica che, a differenza delle due turbine precedenti, non necessita di un grande dislivello, ma al contrario di una grande portata d’acqua per poter funzionare. Con l’avvento delle turbine è stata possibile anche la costruzione della prima centrale idroelettrica nel 1879 presso le Cascate del Niagara negli Stati Uniti.

Turbina Francis
Turbina Pelton
Turbina Kaplan

Come funzione una centrale idroelettrica?

In linea generale, tutte le centrali idroelettriche funzionano seguendo il medesimo schema. Viene, infatti, sfruttata l’energia cinetica che l’acqua possiede, o che ricava dall’energia potenziale, per poter muovere delle turbine. Durante il loro movimento queste trasformano l’energia cinetica dell’acqua in meccanica che poi, attraverso un alternatore, diventa elettrica. Tramite un trasformatore viene abbassata l’intensità della corrente permettendo la sua distribuzione ad alta tensione. Una volta arrivata nel luogo di utilizzo, tramite un altro trasformatore, ne viene al contrario alzata l’intensità e abbassata la tensione. Esistono principalmente tre tipi di centrale, strettamente legati al metodo di approvvigionamento dell’acqua. Un primo modello è costituito dalla centrale ad acqua fluente. In questa tipologia di stabilimenti viene utilizzato direttamente il flusso naturale di fiumi o torrenti, la cui acqua è incanalata nelle turbine e poi reimmessa nel letto del corso d’acqua. Un’altra è la centrale a bacino. In questa tipologia l’acqua proveniente da uno o più corsi è accumulata in un bacino naturale o artificiale, racchiuso da una diga. L’acqua, tramite condotte forzate, scende di quota, si incanala nelle turbine e poi si reimmette nel fiume. Un’ultima tipologia è quella ad accumulazione. In queste centrali sono presenti due serbatoi: uno a monte come in quelle a bacino, e uno a valle. L’acqua che cade dal bacino più a monte produce energia, ma nei momenti in cui ve ne è una minore richiesta, le turbine fungono da pompe per riportare l’acqua dal bacino inferiore a quello in quota. Questo tipo di centrale può lavorare a ciclo chiuso, ovvero non necessitare di un flusso continuo legato a un corso d’acqua.

 

L’importanza dell’energia idroelettrica in Italia

La produzione di energia elettrica in Italia è ancora purtroppo molto legata alle fonti non rinnovabili, come i combustibili fossili, quali il carbone, il petrolio o il gas metano. Dai dati del 2022 emerge, infatti, che il 63,9% dell’energia è stato proprio ricavato da queste fonti. Solo il 36,1% deriva, dunque, da fonti rinnovabili, ma costituisce comunque una percentuale che denota un miglioramento rispetto agli anni passati. La fonte di energia trainante in Italia è senza dubbio il settore idroelettrico, che è responsabile del 41% dell’energia rinnovabile complessiva necessaria al Paese. È importante, però, notare come questa produzione sia strettamente legata alle condizioni climatiche. Nel 2022 ha subito una vertiginosa caduta dovuta soprattutto alla forte siccità, che al contrario ha favorito gli impianti fotovoltaici. Nonostante questo calo, è comunque il settore cardine con i suoi quasi 4300 impianti dislocati in tutto il territorio che portano a una produzione annua di 46 TWh (1TWh = 10^9 KWh). Il settore necessita di una costante manutenzione e dà lavoro a quasi 15.300 addetti. Questa risorsa è anche fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi entro il 2030. Il nostro paese si colloca, infatti, al quarto posto tra le nazioni europee per energia idroelettrica prodotta subito dopo Norvegia, Svezia e Francia.

Le centrali del passato, estetica oltre che praticità

Molte centrali idroelettriche, come gran parte degli altri edifici volti alla produzione di energia o di altri materiali, danno maggiore importanza alla componente pratica trascurando in parte quella estetica. Vi sono, nonostante ciò, dei chiari esempi, soprattutto degli anni passati, dove l’estetica ricopre una parte molto importante. Ne sono testimonianza alcune centrali idroelettriche della Val Formazza e della Valle Antrona, che possono essere definite quasi come delle “Cattedrali di Pietra”, realizzate a partire dal primo Novecento. Di particolare rilievo è la centrale G.B. Pirelli, situata in valle Antrona presso Rovesca. Viene realizzata a partire dagli anni ‘20 del Novecento ad opera dell’architetto Luigi Bisi. L’impianto presenta lo stile del Rinascimento Lombardo, con un basamento ad arcate in pietra a vista. Sopra di esse si trovano monofore ad arco con profili finemente decorati. La sala delle turbine, contenente 4 turbine di tipo Pelton perfettamente funzionanti, è arricchita con splendidi lampadari in ferro battuto e decorazioni murarie dipinte che creano una cornice alle vetrate; la sala comandi presenta un soffitto a cassettoni e delle boiseries in finto legno che nascondono i pilastri di sostegno in cemento armato. Altro elemento di grande interesse è senza dubbio la torretta belvedere con le sue decorazioni a graffito presenti in alcune sezioni verticali.

Facciata con basamento in pietra e vetrate a monofore
Sala delle turbine con lampadari in ferro battuto
Sala comandi con soffitto a cassettoni

Questa centrale è alimentata dalle acque che provengono da tre bacini: il lago di Cheggio, quello di Campliccioli e quello di Antrona. Proprio le acque di quest’ultimo percorrono una galleria di 2km e una condotta di circa 850 metri per alimentare le turbine.

 

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