Che cos’è la libertà? 

In molti ci siamo posti o ci poniamo ancora questa domanda, ma è difficile dare una definizione concreta e oggettiva. Libertà è un termine complesso, dalle tante sfaccettature, e ognuno la interpreta e la visualizza in un modo diverso, anche se pur sempre seguendo dei preconcetti morali a cui la nostra società ci impone di sottostare. Cercando la definizione su un qualsiasi dizionario fisico o online, la libertà viene delineata come uno Stato di autonomia essenzialmente sentito come diritto, e come tale garantito da una precisa volontà e coscienza di ordine morale, sociale, politico

Bavagli sulla libertà. Il 3 maggio è la giornata mondiale della l

Ma come applichiamo questa definizione al quotidiano? 

Secondo le leggi ed il senso comune, la libertà è la possibilità che tu hai di pensare, esprimerti ed agire come meglio ti pare. Questo vale fino a che non si va ad intaccare la libertà di un altro cittadino. In poche parole la tua libertà finisce quando fa finire quella di qualcun altro.

E cosa ci aiuta a non violare la libertà altrui?
Le leggi, le norme, i regolamenti, doveri e responsabilità, vincoli e diritti, obblighi morali, valori socialmente riconosciuti e tanto altro, che oltre a vietare determinate azioni e fenomeni vengono insegnate tramite un metodo educativo coercitivo, che innesca un meccanismo di “paura e ricompensa”. Quante volte per compiacere i nostri genitori abbiamo fatto qualcosa che non volevamo fare, o al contrario abbiamo evitato di fare qualcosa che desideravamo fare pur di non farli arrabbiare? Paura e ricompensa non sono altro che dolore e piacere, male e bene, ovvero ciò che determina le nostre scelte e la nostra volontà. 

E se l’aver associato l’obbedienza al bene l’abbia fatta diventare conformismo?
In questo caso non ci stiamo forse chiudendo in una gabbia e in una bolla di preconcetti sociali, morali e politici dalla quale diventa sempre più difficile uscire? Forse viviamo in un mondo fatto di false libertà e non ce ne accorgiamo nemmeno. Siamo liberi di svegliarci all’ora che vogliamo, di saltare un giorno di scuola se stiamo male, di andare a vedere un film al cinema anche se non ci piace e magari torneremo a casa scontenti per ciò. Possiamo permetterci di soddisfare i nostri bisogni, di toglierci qualche sfizio, di reagire male a qualcosa per il semplice gusto di farlo, ma non ci sentiamo liberi. La trasgressione è una falsa libertà, perché coinvolge solo argomenti generici, futili e di poco conto, che si fermano alla superficie. Se vuoi sradicare una pianta devi andare alla radice, allo stesso modo se vuoi essere davvero libero dal giudizio degli altri, dalla paura di sbagliare, dal timore dell’umiliazione, dal bisogno di avere tutto in ordine o sotto controllo e non vuoi più essere inchiodato in uno stato emotivo demoralizzato, triste, depotenziato dovresti cercare di acquisire quelle libertà che influenzano la tua emotività, e quindi il modo in cui ti comporti, e di conseguenza i tuoi risultati. 

Ma allora come possiamo capire se siamo liberi o meno?
Per farlo, dobbiamo avere chiara la differenza tra la libertà esterna che ha a che fare con le possibilità che le regole, le leggi, la politica e la società ti consentono, e libertà interiore, che ha a che fare con ciò che tu ti consenti, ossia con la vera capacità che hai di scegliere liberamente come comportarti davanti alle situazioni.

Scientia potentia est scriveva Bacone nel suo “De Homine”, ovvero “sapere è potere”, anche se con un’accezione diversa da quella che gli attribuiamo noi oggi. La conoscenza è potere, ed è ancora di più libertà, per questo dovrebbe essere alla portata di tutti, ma sappiamo che non sempre è stato così: le menti ignoranti sono più facili da manipolare, e questo serviva ad evitare che i disonesti giochi di potere delle alte sfere fossero portate alla luce. L’intelligenza ci rende liberi di agire in base alle nostre volontà e a ciò che ci detta la ragione senza sottostare alle decisioni altrui, rendendoci capaci di liberarci dalle catene del conformismo che ci vuole uguali e uniformati alla massa. 

Ne “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee, viene pronunciata questa frase: L’unica cosa che non è tenuta a rispettare il volere della maggioranza è la coscienza un chiaro invito a pensare con la propria testa al fine di scoprire la propria individualità, formare il proprio essere e classificare i propri pensieri. La nostra coscienza non è tenuta a prendere atto dei pregiudizi, degli stereotipi e delle discriminazioni, ma è libera di formulare qualsiasi opinione ci sembri corretta e giustificata da uno spirito critico, per questo è la sola a permetterci di uscire dalla bolla di folle ingenuità e ingiustificato odio in cui è tenuta l’umanità. Allo stesso tempo, siamo sopraffatti dalla paura che ci suscita il diverso: non perché è il diverso in sé a farci paura, ma perché non siamo pronti a discostarci dalla legge della maggioranza, e abbiamo paura di diventare noi stessi i diversi.

E se questo è un loop senza fine, se la massa non si disgregherà mai e tutti continueranno a vivere nella paura, che senso ha staccarci noi stessi da questa normalità? Non è forse vivere nella sicurezza e nella tranquillità ciò che vogliamo?
La vera libertà sta nell’agire secondo la nostra coscienza e non secondo ciò che è universalmente designato come corretto e migliore, perché è proprio questo “universale” ad incatenarci. La chiave che ci permette di aprire questa grande porta della libertà è proprio la conoscenza.

Antonio Gramsci a proposito scriveva: “Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza”. La metafora del carcere e delle catene qui è ancora più sentita, perché Gramsci era proprio in carcere, un carcere fisico, quando scrisse ciò, e questo potrebbe portare molto a pensare che non era davvero libero. Forse legalmente non lo era, ma internamente si, poiché la libertà che nasce dalla conoscenza è una libertà interiore, ancor più bella perché sofferta, conquistata, sudata, che ci spinge alla critica di ogni verità precostituita, basata sull’autorità o il potere di qualcuno (umano o celeste che sia) o sulla sua diffusione nella società.

Come riusciamo ad acquisire questa conoscenza? 

Le risposte sono tante: libri, saggi, relazioni interpersonali, esperienze, confronti, ma il mezzo più potente è quello rappresentato da internet, che in pochi anni ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere e di pensare, facendo raggiungere all’uomo risultati, che solo ad immaginarli anni prima sarebbero risultati fantascientifici e inimmaginabili. Internet, per quanto criticato e criticabile, è un tesoro virtuale di conoscenza e uno spazio in cui individui del tutto diversi possono far vedere ed esprimere la loro situazione su un tema specifico a distanza di migliaia di chilometri. Insomma, su internet tutti possono scrivere di tutto.

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Ma è positivo o negativo? Siamo davvero sicuri che sia vantaggioso?
A questo proposito, Fabio Ciotti ci dice che Internet era in origine in grado di portare avanti una diffusione orizzontale e democratica, ma si è trasformato in un mezzo di massa, in cui i contenuti non sono più stati verificati e controllati. Questo implica che su internet non c’è più tanta conoscenza, ma essenzialmente informazione. L’utilità primaria di internet è stata smentita poiché esso è diventato un corpo sociale disomogeneo e vasto che non ha competenze culturali e scientifiche che aveva internet alle origini, e di conseguenza produce contenuti non controllati che non sono nulla di più che semplici opinioni, e quindi informazione.

Ma quando l’informazione diventa conoscenza?
Quando viene approvata da dati, qualcosa che sempre più raramente si vede su internet. Questo equivale a dire che è sbagliato portare le proprie opinioni e le proprie riflessioni, anche se non sono state constatate, su internet? Assolutamente no, ma è importante distinguere la conoscenza dall’informazione. Quest’ultima è importante poiché serve da testimonianza, e permetterà di avere un quadro vasto e ampio a chi in futuro studierà cosa avveniva ai giorni nostri, senza utilizzare testimonianze filtrate come è stato fatto per acquisire le conoscenze che abbiamo noi oggi sugli avvenimenti e i fenomeni passati. Tuttavia, paradossalmente, avendo creato un meccanismo che da la massima apertura e circolazione di informazione, potremmo ritrovarci, in virtù della nostra struttura politico-economica, in una situazione anche peggiore di quella del passato. 

 

Si potrebbe pensare che internet garantisca una totale libertà di espressione, ma siamo sicuri che ciò che vediamo sui social o alla televisione non sia controllato? E soprattutto, questo discorso deve venire applicato anche alla stampa?
La risposta è sì. Nell’analizzare il principio della libertà d’espressione, riconosciuto e tutelato dal diritto internazionale convenzionale e dalle costituzioni dei singoli stati, non si può non dare autonoma trattazione ad una delle espressioni del diritto in questione, ovvero la libertà di stampa. La stampa viene definita il quarto potere, che si va ad aggiungere ai tre poteri teorizzati da Montesquieu che dovrebbe avere uno stato democratico: legislativo, esecutivo e giudiziario. Quest’ultima è un potentissimo mezzo di comunicazione e di informazione, e proprio per questo è sempre più sottomessa alla censura: per questo è importante parlare di libertà di stampa, affinché possa concretizzarsi la possibilità di dire che viviamo in uno stato democratico.

Se dunque la stampa libera può essere considerata come il cane da guardia della democrazia all’interno di uno stato, in quanto essa esprime l’attitudine dei governi a non influenzare strumentalmente l’opinione pubblica, lasciando i cittadini liberi di ricercare e ricevere informazioni, è possibile comprendere gli stati in cui la democrazia rappresenti solo un’utopia. Un problema critico, a  maggior ragione ai giorni d’oggi, in tempi di guerra, dove è facilissimo cadere nella trappola della disinformazione, le cosiddette fake news. I giornalisti ricoprono un ruolo importantissimo in questa lotta alla verità dal momento che sono mediatori, e ponendo domande e sollevando dubbi devono cercare di raccontare quanto più possibile la verità sostanziale dei fatti. C’è chi si oppone in modo diretto e, soprattutto, violento a questa ricerca della verità, infatti come ci dice Carlo Bartoli, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, “Le aggressioni e le minacce sono cresciute in un anno del 41%, e allo stesso tempo si registra un aumento esponenziale delle querele per diffamazione contro i giornalisti, con un pesante effetto intimidatorio e creando un serio ostacolo alla libera informazione”. 

C'è un motivo per cui ora le foto create con l'intelligenza artificiale ci sembrano reali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Iconica foto del papa creata con l’intelligenza artificiale.

 

Siamo sicuri che i casi più emblematici di censura siano lontani da noi? Davvero tutto questo non ci tocca?
Se pensiamo alla censura applicata alla stampa e alla libera circolazione dell’informazione a molti verranno in mente quelli che sono i casi più emblematici, come la Russia o la Cina, poiché è facile farsi sconvolgere dal grande titolo in prima pagina o dalle tragedie da telegiornale, più difficile è notare la lenta ma concreta cessione di libertà a cui si sta arrivando anche in Europa. La lista di stati in cui la libertà di stampa è quotidianamente violata è lunga e ricca di storie di violenza e sopraffazione, ed è sconvolgente quanto questo diritto sia calpestato non solo in stati dittatoriali (come Cina e Russia) in cui le condizioni socio economiche si traducono in realtà di degrado e sottosviluppo allarmanti, ma anche e soprattutto in stati in cui il progresso economico e scientifico ha fatto passi da gigante, traducendosi in realtà di maggior benessere materiale e sociale. Ciò dimostra come però il rispetto dei diritti fondamentali dovrebbe porsi antecedentemente a qualsiasi forma di ricchezza o benessere economico, poiché la libertà di esprimere la propria opinione e di ricevere informazioni, in modo da essere cittadini coscienti e consapevoli è il primo requisito a determinare l’effettiva crescita e il livello di democrazia di una nazione. Non si può parlare di benessere e libertà personale senza riconoscere allo stesso tempo all’individuo la libertà di esprimersi e di informarsi senza limiti e frontiere.

Ritorniamo ancora una volta al concetto di libertà personale, e questo ci spinge a chiederci: Davvero queste realtà mi sono così vicine?
La risposta è sì, ancora una volta, poiché la censura si propaga dappertutto, senza freni morali, da alcune parti in modo più eclatante e in altre in modo più subdolo, a tal punto che a volte è difficile accorgersene, poiché è diventata la normalità. Con l’evolversi dell’uomo e lo sviluppo della sua capacità intellettuale, si è arrivati ad affinare progressivamente degli strumenti coercitivi più sottili fino a concentrarsi sulla psiche dell’uomo stesso, passando dall’esercizio di una violenza manifesta ad una violenza subliminale che porta all’inconscia sudditanza di colui che la subisce (molto spesso anche inconsapevolmente). La stampa, i mass media, la televisione e tutti gli altri mezzi di comunicazione sono semplicemente strumenti per alimentare una dittatura collettivista mascherata da democrazia, il cui principale effetto è il conformismo, che ha permesso di sostituire il violento divieto della libertà di stampa e che a sua volta ha permesso di mascherare l’oligarchia sostanziale con il regime democratico formale.

Video intervista

 

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