Qual è il ruolo del giornalista oggi? Chi sono gli attori della filiera della comunicazione? Abbiamo condotto un’indagine ampia a partire dall’inviata di guerra delle testate Mediaset Gabriella Simoni.
È in corso la guerra fra Israele e Hamas in Palestina: quali sono i passaggi, quali gli intermediari e quale la velocità con cui questo “fatto” viene trasmesso? Qual è il primo mezzo di comunicazione con cui siamo informati, e in che modo questo mezzo filtra la notizia?
Andando anche oltre l’evento della guerra, abbiamo indagato come opera l’informazione oggi: un contesto in cui, con l’avvento delle nuove tecnologie, i media e i social stanno assumendo un ruolo sempre più invasivo e l’etica giornalistica sta forse cambiando. Abbiamo quindi intervistato alcuni degli attori principali della catena dell’informazione: il giornalista, che scrive per il cartaceo ma anche per la testata online; il lettore, che riceve la notizia sul cellulare ancora prima che dalle tradizionali fonti giornalistiche; l’analista dei dati che osserva il mondo dell’informazione dal punto di vista delle performance del singolo articolo; e ancora prima di tutto questo l’inviato, che è il primo anello di tutta la filiera della comunicazione.
L’inviato
Abbiamo posto le nostre domande a Gabriella Simoni, inviata di guerra delle testate giornalistiche Mediaset, vincitrice del Premio giornalistico nazionale Antonio Maglio 2023 alla carriera. Durante la sua esperienza ha raccontato la prima guerra del Golfo in Iraq, ha seguito la guerra in Somalia, è stata in Ruanda, in Afghanistan, Egitto, e ha seguito il recente conflitto in Ucraina. Lunedì 13 novembre partirà per la Palestina.
Qual è il suo ruolo oggi? L’inviato è un “testimone”. Anche con l’avvento dei social, con un enorme quantità di notizie che arrivano all’utente, la sua figura rimane fondamentale, perché tutto deve poggiare su una fonte credibile, che dia fiducia: il suo ruolo è andare là per vedere ciò che tu non puoi o non vuoi vedere.
L’utente
Il problema che si pone oggi, dal punto di vista dell’informazione online, è che vengono mostrate con pari dignità notizie provate e ben documentate, e notizie non del tutto verificate. Perciò, anche se esiste un testimone credibile all’inizio della catena, risulta spesso difficile per il fruitore finale distinguere quell’informazione affidabile (e i racconti giornalistici che ne derivano) da tanti altri il cui principio di verità viene condizionato da altri parametri.
Secondo lo studio “Digital News Report 2023” condotto dal Reuters Institute for the Study of Journalism, della University of Oxford, è probabile che “nel lungo termine le fasce demografiche più giovani prediligeranno formati di notizie sempre più accessibili, informali e divertenti, spesso forniti da influencer piuttosto che da giornalisti, e consumati all’interno di piattaforme come YouTube, Instagram e TikTok”. E questo è emerso in parte dalle nostre interviste: l’informalità e il divertimento non sono state variabili significative nel nostro caso, ma l’accessibilità sì. Nel momento in cui, per leggere una testata giornalistica di maggior prestigio, è richiesto un abbonamento, i lettori più giovani rinunciano, e preferiscono consultare piattaforme più accessibili pur essendo consapevoli della minore affidabilità di ciò che leggono.
Ma il Reuters Institute for the Study of Journalism va poi molto più a fondo nell’osservazione del comportamento degli utenti, e così scrive nel rapporto del 2023: “In questo contesto è chiaro che la maggior parte dei consumatori non cerca più notizie, ma notizie che sembrino più rilevanti e che li aiutino a dare un senso alle complesse questioni che tutti noi dobbiamo affrontare. La nuova rivoluzione tecnologica dell’intelligenza artificiale (AI) è proprio dietro l’angolo e minaccia di rilasciare un’ulteriore ondata di contenuti personalizzati, ma potenzialmente inaffidabili”.
Il giornalista e il Web Project Manager
Ma come si inserisce il lavoro del giornalista in questo contesto e come cambia il suo ruolo, specialmente se consideriamo realtà locali e settori più specifici? Lo abbiamo chiesto a Pierluigi Altea, giornalista medico-scientifico, Luca Segalla, critico musicale, e infine a Fabio D’Addario, Web Project Manager di Hagam, impresa di comunicazione che collabora con alcune testate giornalistiche, fra cui VareseNews.
Ciò che è cambiato con il web è la velocità nella trasmissione dell’informazione, ma il tipo di influenza che hanno avuto nei vari settori è stato differente. Nel campo medico-scientifico è stata soprattutto positiva, mentre nel campo musicale il lavoro del critico sarà destinato probabilmente a scomparire: se è vero che notizie affidabili e notizie meno verificate sembrano avere la stessa dignità, allora questo fatto è ancora più valido per le opinioni (di appassionati per esempio), che vengono lette al pari di recensioni di esperti (di qualsiasi tipo esse siano).
In questo senso, in contesti più piccoli o più specifici, l’espressione “il giornalista deve farsi leggere” assume valore.
Secondo il Web Project Manager Fabio d’Addario sono stati due gli eventi che hanno cambiato il mondo del giornalismo: il primo è stato l’avvento degli smartphone, il secondo l’avvento dei social. In particolare osserva che oggi spesso l’utente non cerca la notizia, ma gli si propone una notizia. Accade su piattaforme come Facebook, dove, nel momento in cui riceve le news, raramente segue il link per leggere l’articolo completo su Google. Estremizzando il suo discorso, potremmo affermare che si limitano alla superficie.
Concludiamo con un’osservazione ovvia: se non ci fosse la libertà di stampa avremmo accesso ad una verità parziale. Oggi questo diritto non manca, ma si pone per assurdo il problema contrario: le notizie sono così tante che l’utente non è in grado di dedicare il giusto tempo a ciascuna di esse. Di conseguenza, la lunghezza degli articoli è via via diminuita, la forma (titolo, immagini, audio, podcast) ha assunto un’importanza sempre maggiore e un carattere diverso, nuovo, modellato su un nuovo tipo di lettore, “rapido”. Spesso però ciò che giunge all’utente sono tanti input, tante percezioni di un evento che sta accadendo. Ciò che rimane è, anche qui, una verità parziale.
Fonti: Reuters Institute of Politics