“Ma queste nuove generazioni!”
Una frase che sentiamo dire fin troppo spesso, la fiducia nelle generazioni dei figli è sempre un po’ troppo bassa, soprattutto dal punto di vista della generazioni dei genitori. Durante le elezioni del 25 settembre, questa frase è tornata ad aleggiare nelle menti dei più.
I giovani non votano.
I giovani non si interessano di politica.
I giovani si astengono.
Ma davvero queste nuove generazioni sono così indifferenti di fronte a quello che è, alla fine, l’inizio del loro futuro?
Sono i giovani ad avere in mano il domani, le loro mani sono forse così poco affidabili, così poco pronte ad affrontare il futuro, o desiderose di farlo?
Se queste nuove generazioni sono davvero così poco partecipative, vogliamo sapere il perché.
E poi, sarà vero?
Politica a scuola
I ragazzi che sono chiamati a votare spesso non sono molto informati sulla politica attuale e devono impegnarsi singolarmente nel cercare informazioni per decidere a chi dare il loro voto. Questo perché la scuola non offre un’educazione politica adeguata e sufficiente.
Quindi, cosa si potrebbe fare?
Noi ci siamo rivolte, chiedendo la sua opinione, al nostro insegnante di storia e filosofia che occasionalmente nelle sue lezioni ci ha illustrato i sistemi politici di varie fasi storiche e ci ha aperto lo sguardo su alcune situazioni di politica globale attuale.
<<La materia che dovrebbe occuparsi di questo è paradossalmente una “non materia”>>
Così ci ha detto il professore, riferendosi a educazione civica, materia da poco introdotta. La definizione “non materia” è dovuta al fatto che le vengono dedicate solo poche ore nel corso dell’anno scolastico da parte di vari professori ed è completamente a loro discrezione. Viene quindi affrontata tramite diversi argomenti attinenti a ciascuna materia con il risultato di conoscenze non uniformi e non specificatamente sul nostro stato.
Inoltre spesso l’insegnamento della politica viene tralasciato a causa del programma scolastico dell’anno o anche per colpa dell’organizzazione dei libri di testo.
A questo proposito, ci ha fatto l’esempio dei libri di storia: quasi tutti i libri dell’ultimo anno portano dopo la seconda guerra mondiale la divisione del mondo in due blocchi e relegano alle ultime pagine l’Italia con la nuova costituzione e il passaggio da monarchia a repubblica e ciò porta spesso a non avere tempo alla fine dell’anno di parlarne.
Ha infine aggiunto che non è semplice trattare un tema politico in modo imparziale, si rischia di cadere nel rischio di lasciar intendere le opinioni personali dell’insegnante e ritiene che questo sia il motivo principale della trascurazione dell’educazione politica.
Come soluzione parziale ma già rilevante, ha avanzato una sua idea: bisognerebbe partire dalla base.
Con base si intende spiegare il funzionamento della macchina governativa italiana: i ruoli dei diversi organi e delle diverse figure, il sistema delle votazioni e cosa succede in conseguenza al voto che i cittadini esprimono.
Così facendo i ragazzi avrebbero qualcosa da cui partire per comprendere la politica e sarebbe sicuramente un passo avanti.
E nella realtà di tutti i giorni?
La scuola, però, non è l’unico mezzo di informazione: ogni giorno i giovani vengono a contatto con molte realtà diverse a partire da quelle più vicine come per esempio la propria famiglia fino a quelle più esterne e complesse come il mondo dei social.
Proprio nel periodo delle elezioni, infatti, molti dei candidati, da Berlusconi a Calenda hanno creato un profilo social e hanno iniziato a diffondere le idee dei propri partiti.
Questo gesto, però, non è stato molto apprezzato soprattutto dagli utenti di TikTok: molti hanno ritenuto che questo social non fosse adatto alla propaganda e al modo con cui i politici interagivano con i giovani utenti.
Portavoce di queste idee è stata Emma Galeotti, influencer su TikTok ed Instagram: in uno dei suoi video, prendendoli in giro, critica i TikTok fatti dai candidati, che secondo lei ritengono i giovani ignoranti a livello politico e perciò facilmente influenzabili anche solo con parole semplici e musiche accattivanti.
Il TikTok infatti denuncia i politici di cercare di influenzare i giovani credendo questi completamente assorti da questo sociali e talmente disinformati sull’argomento politico a tal punto da credere a qualsiasi cosa venga assicurata loro.
Alla fine del video Emma afferma “Politici, sparite da questo social!” spiegando poi che, cercando di assicurarsi dei voti in più tra i giovani, si mettono in imbarazzo suscitando soltanto le risate degli utenti.
“Non è che siamo così stupidi che ci basta vedere un video su TikTok per votarvi” aggiunge l’influencer sottolineando l’esistenza di uno stereotipo infondato e ribadendo che i giovani devono essere inclusi in politica in modo diverso, coinvolgendoli e facendoli partecipare attivamente.
@gl.emm4 Oggi un po’ politically
Voto utile o voto ideologico?
Come non porre anche l’accento su una questione difficile, che è stata sollevata più volte tra i ragazzi nel corso delle ultime elezioni: è meglio votare un partito che ci rappresenti ma che abbia quasi zero chance di vittoria, oppure affidare il proprio voto ad uno dei partiti favoriti, con cui però condividiamo pochissimo?
Spesso infatti è difficile riconoscersi nelle proposte delle maggioranze, ma il pensiero spontaneo è: a che cosa servirebbe votare un partito che non ha nessuna possibilità di vincere? Oppure è meglio rimanere fedeli alle proprie ideologie anche se il risultato era già scritto in partenza?
Sono domande difficili, alle quali nessuno ti prepara in realtà, forse perché una risposta valida e universale non esiste, ma soprattutto nelle ultime elezioni ha fatto sentire il proprio peso.
Infatti molti ragazzi si sono sentiti molto poco rappresentati dai partiti che avevano una reale possibilità di salire al Governo, ma si sono risolti a votare il “meno peggio”, oppure a non votare affatto, per non vedere il proprio voto andare sprecato, una realtà triste, ma solida e sotto gli occhi di tutti.
Certamente è vero che andando a dare il proprio voto ad un partito in cui non si crede in maniera affermata, o comunque si avrebbe da ridire su molti dei suoi punti, solo per la sua popolarità in quel momento, causa insoddisfazione per quanto riguarda la propria azione, e sicuramente non porterà mai alla ribalta quei partiti minori in cui magari alcuni giovani (o parti della popolazione) si rispecchiano, ma le disparità sono talmente ampie che la sensazione di essere solo una pecora nera, nel votare un partito che non avrà la maggioranza, è spesso preponderante.
È dunque forse sempre così? La dicotomia tra voto utile e voto ideologico è davvero irrisolvibile?
Certamente messa in questi termini il panorama politico appare davvero poco appetibile agli occhi di un giovane, forse un filo drammatico, tuttavia molti ragazzi che avrebbero compiuto gli anni dopo il 25 settembre si sono ritrovati a dichiarare di essere sollevati della coincidenza, proprio per non dover trovare una personale soluzione al grande dubbio del voto utile contro il voto ideologico
Chi non può votare
Alcuni giovani invece, pur volendo, non hanno potuto votare a causa di questioni burocratiche.
Sì è discusso molto, ad esempio, di come i fuorisede, in gran parte giovani, non abbiano potuto votare in quanto impossibilitati a tornare nella propria città. Per votare infatti, è necessario presentarsi ai seggi del proprio comune di residenza, e ciò ha precluso a tantissime persone la possibilità di esprimere il proprio voto.
Un’altra polemica è stata mossa dalla comunità LGBT+, che critica come le file per l’identificazione degli elettori siano divise in maschi e femmine. Questo provoca un grande disagio in tutti i giovani che stanno affrontando una transizione di genere, che non vanno a votare per evitare di essere costretti in una fila che non rispecchia il proprio genere vissuto e non subire una tale violazione della privacy.
Ci sono anche dei giovani, nati e cresciuti in Italia, che non hanno il diritto di voto poiché figli di genitori stranieri e dunque non in possesso della cittadinanza italiana. Per trattare di questa tematica, ho deciso di discuterne con la mia amica Ana, di origine spagnola e portoghese, ma in tutto e per tutto italiana, che ci ha raccontato la propria esperienza.
Le parole di chi ci è passato
Tuttavia, è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio, perché giovani interessati alla politica ce ne sono, ce ne sono stati e ce ne saranno, ed è sbagliato pensare che solo persone con molta esperienza possano fare esperienza in un ambito come la politica. Abbiamo raccolto la testimonianza di Chiara Appendino, ex sindaco di Torino, carica che ha conseguito poco più che trentenne, e che ha inseguito la sua passione per la politica fin da poco dopo la sua laurea.
Le abbiamo posto quattro domande:
1) Da dove nasce la sua passione per la politica?
2) Cosa ne pensavano i suoi coetanei della sua passione per la politica?
3) Quando ha iniziato, le è mai capitato di non essere presa sul serio?
4) È ottimista per quanto riguarda il futuro del nostro paese, soprattutto per quanto riguarda la fascia di età dei più giovani?
A queste domande ha risposto da remoto, ed ecco cosa ci ha detto:
Diteci la vostra!
Fino ad adesso abbiamo parlato dei vari motivi per cui l’astensionismo è diffuso tra i giovani, come si sta cercando di includere la parte più giovane in politica, per quali motivi ad alcuni è stato impedito di votare e se il voto di un singolo può influenzare o meno il nostro futuro, ma non abbiamo ancora trattato dell’argomento più importante: è vero che ad astenersi e scegliere di non votare è la generazione Z?
Per arrivare ad un risultato sul nostro territorio, abbiamo deciso di creare un sondaggio e di mandarlo alle classi dell’ultimo anno del liceo scientifico Ferraris e del liceo classico Cairoli con domande sulle elezioni del 25 settembre e sugli argomenti toccati nei vari paragrafi. A rispondere sono stati più di 150 ragazzi, dimostrandosi fin da subito disponibili a condividere la propria opinione.
La prima domanda posta è stata “hai votato alle elezioni del 25 settembre?” e le risposte hanno fin da subito infranto lo stereotipo di un astensione giovanile: solo il 6,8 % non è andato a votare contro il restante 93,2%.
Votare però non deve essere stato facile: più del 60% dei partecipanti al sondaggio afferma non di aver votato il partito da cui si sentiva rappresentato, bensì il partito che secondo lui poteva essere quello migliore, seppur non rappresentativo. Una ragazza in particolare risponde “mi sentivo rappresentata dal partito in generale, ma non da molti dei suoi esponenti”
Ma quanto si sono informati i diciottenni varesini? Più del 50% afferma di essersi informato abbastanza da poter decidere liberamente per chi votare, anche se senza un vero e proprio approfondimento. Però la percentuale di persone che dichiara di essersi informata molto rispetto a coloro che non si sono informati per nulla è molto più alta: i primi sono all’incirca il 24%, mentre il secondo gruppo è solo del 5,3%.
Un’altra domanda sorge spontanea: la scuola è stata in grado di fornire l’aiuto necessario per poter decidere? Ben il 90% pensa che la scuola dovrebbe invece impegnarsi di più nell’educazione politica dei ragazzi fornendo il materiale necessario per comprendere ed essere liberi di decidere per chi votare.
Tra coloro che non hanno votato, invece, ci sono varie motivazioni: alcuni affermano di non essersi sentiti rappresentati da nessun partito, pochi non si sono interessati dell’elezioni. Ci sono state anche persone che non hanno potuto votare, a cui il voto non è stato nemmeno concesso.
Perciò abbiamo chiesto “conosci qualcuno che avrebbe voluto votare, ma non ha potuto?“ e più del 75% ha confermato di conoscere qualcuno a cui è stato impedito di votare, seppur volenteroso come Ana.
Infine abbiamo chiesto se secondo loro il voto dei giovani potesse fare la differenza e perciò se il voto libero fosse necessario per un cambiamento del futuro da parte della generazione interessata e la risposta è stata del tutto positiva: ben 86,8% ha risposto di sì, che il poter decidere chi votare sia essenziale per poter fare la differenza nel nostro futuro. Questo interesse però sembra totalmente trascurato ed ignorato dai politici che preferiscono avvicinarsi al mondo della generazione Z attraverso i social e non prendendo seriamente i giovani, come afferma il 76% dei partecipanti.