All’interno dell’elenco dei vari diritti riconosciuti ai cittadini nel mondo ne figura, quasi nascosto, uno un po’ insolito e generalmente non preso in considerazione: il diritto alla felicità.

Forse non se ne parla perché non figura, almeno in modo così esplicito, nella nostra Costituzione o perché ci fa quasi sorridere vedere riconosciuta un’emozione come diritto.

Ci sembra quasi un’affermazione giuridica poco seria, al pari di alcuni strambi articoli di legge, come quello inglese, ancora oggi in vigore, secondo cui è reato morire in parlamento.

Il diritto alla felicità, così espresso, è presente solo in poche Costituzioni, tra cui spicca indubbiamente la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America.

È riportato infatti che:

“…Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità…”

Non abbiamo voluto riportare questo esempio per riportare una condotta ineccepibile da parte del paese a stelle e strisce in questo senso.

L’inserimento di questo inusuale diritto nei testi costituzionali è, infatti, frutto in un certo senso di un caso: Benjamin Franklin inviò una prima bozza della Dichiarazione a un filosofo napoletano, Gaetano Filangieri, per una revisione.

Quest’ultimo inserì proprio la parola felicità tra i diritti fondamentali dei cittadini e da quel momento nessuno ha mai voluto cambiare la frase, anche se sembra quasi sia stata poco compresa e ignorata in molti casi.

 

Cos’è la felicità?

Ora cercare di capire se effettivamente inserire il concetto di felicità in questo contesto sia appropriato non è semplice, innanzitutto perché se ci chiediamo cos’è la felicità ci sembra una domanda così semplice e banale.

Così semplice da lasciarci per un attimo senza risposta, perché con la mente andiamo a cercare una definizione accettabile e, naturalmente, alcuni esempi li troviamo subito, ma quando li esprimiamo ci sembra che manchi qualcosa.

Questo perché la felicità è un concetto così vasto da racchiudere in sé quasi infinite definizioni: uno stato d’animo, un mezzo, un obiettivo…

Forse è proprio questo un indizio, visto che questa parola esprime tutto quello che vogliamo raggiungere e che vorremmo far raggiungere a chi amiamo.

Se l’inserimento nel caso americano è stato così casuale, in realtà penso che nel caso di altri possibili (futuri) paesi possa avere un significato ben più nobile.

Quest’idea rappresenta proprio quello che uno stato dovrebbe fare: garantire la felicità dei cittadini nel loro insieme in un progetto che non debba sostanzialmente mirare ad altro.

Con questo non vorrei alludere a irresponsabili concessioni al popolo, ma alla guida intelligente volta al solo e unico obiettivo della felicità, senza fini personali e opportunistici.

In ogni caso la felicità di tutti i cittadini è il comune denominatore di ogni articolo giuridico o azione dello Stato nei confronti del suo popolo.

E un governo che non riesce a garantirla, ma che pensa al contrario di poter sfruttare il popolo mantenendo comunque saldo il proprio potere non ha solo sbagliato giusto un paio di tiri, ma anche la porta in cui tirare.

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