Ore 7:50 del mattino. La sveglia non è suonata, ma ti ha svegliato l’urlo di tua madre che ti sgrida perché non ti sei ancora alzato dal letto. Ancora in coma, togli le coperte calde dal tuo corpo intorpidito e ti dirigi a tentoni verso la cucina. Tutto tranquillo, ancora ignaro che mancano solo 10 minuti all’inizio dell’ora, togli il latte dal frigo e i cereali dalla dispensa. Prima ancora di prendere la tazza, l’occhio ti cade sull’orologio della cucina.

Ore 8:00. Con i capelli spettinati, in aria o aggrovigliati e con ancora addosso il pigiama, accendi il microfono dando segno della tua esistenza al professore. A questo punto pensi di averla scampata, di poterti fare gli affari tuoi guardando il telefono o portandoti avanti con altri compiti. Ma eccola lì la voce che sapevi sotto sotto che sarebbe arrivata:

“signorino/a accenda la telecamera”

I tuoi compagni si inventano scuse di fantascienza che neanche J. K. Rowling sarebbe stata capace di dire. E poi arriva il tuo turno: le scuse sono finite, non sai più cosa inventarti e così sei costretto ad accendere la telecamera. Ti fanno foto ridicole e poi te le mandano divertiti, ma sai che il giorno dopo sarà il loro turno e ti vendicherai creando meme da crepapelle. Ci divertiamo così, d’altronde non possiamo fare altrimenti.

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