Abbiamo avuto l’onore di conversare con Marta Morazzoni, illustre scrittrice, insegnate e critica teatrale nata a Milano, ma residente ormai da molto tempo nel gallaratese. Vincitrice di numerosi premi e riconoscimenti alla carriera, tra cui Il celebre Premio Fondazione Campiello, ha esposto la propria idea in merito a come sia possibile mantenere un legame con il proprio territorio e contemporaneamente vivere in una realtà internazionale.
- Ci parli di lei, come ha vissuto e vive tuttora il rapporto con il territorio?
Posso parlare di un vero e proprio rapporto duale: la mia residenza è sempre stata a Gallarate, città nella quale ho frequentato il Liceo Pascoli, che ritengo tuttora l’esperienza formativa più edificante, forte ed intensa del mio percorso. Al contempo, Milano, la mia città di origine, è stata necessaria per la “parte attiva” della mia vita, al fine di ottenere migliori risultati in ambito lavorativo.
- Che incidenza ha la realtà locale all’intero dei suoi romanzi?
Nei miei libri non tratto nello specifico di ciò che è a me prossimo nell’ambito territoriale, ho sempre scritto “sulla lontananza”. La mia radicalizzazione del territorio fa riferimento a ciò che la realtà locale gallaratese offre: camminare nei boschi e passeggiare lungo Ticino divengono fonti d’ispirazione quotidiana, che Milano non può darmi.
- Crede sia possibile che le specificità locali possano sopravvivere in un mondo sempre più globalizzato?
Sì, è possibile nella misura in cui un individuo è in grado di mantenere un’elasticità mentale che comprenda una minima capacità selettiva; Il mondo che ci sta attorno non è di facile comprensione, bisogna saperlo leggere e saper orientarsi nella sua “larghezza di orizzonti”.
- Com’è cambiata la modalità di lettura in seguito alle innovazioni tecnologiche?
È cambiata radicalmente, anche se rimane la scelta personale di come utilizzare i nuovi strumenti: il problema non sono le nuove tecnologie, che non vengono in senso assoluto demonizzate, ma la loro applicazione concreta.
- Giovanni Berchet, poeta vissuto nel 1800, parlava in una sua opera di “Repubblica delle Lettere”, in cui lo scrittore diviene capace di rendere internazionale uno scritto nato per rivolgersi ad un pubblico locale. Concorda con questa visione?
Sì, qualsiasi forma d’arte ha questo potenziale. La scrittura, in questo senso, lo trasmette in modo più semplice ed immediato. Vi è ovviamente la selezione del lettore, che dev’essere coerente con i propri interessi. Lo scrittore può divenire il mezzo attraverso il quale locale e globale s’intrecciano e collaborano.