La divulgazione culturale attraverso la piattaforma del podcast è un fenomeno sempre più diffuso. Indaghiamo sulle sue origini e sulla sua struttura con Paolo Piacenza e chiacchieriamo con Filippo Soccini.
Il podcast è spesso considerato il “fratello minore” della radio, ma è davvero così?
Il podcast nasce come una serie di audio e video scaricabili e fruibili dal vasto pubblico di Internet, col tempo, però, si è canalizzato nella forma che oggi noi conosciamo: esclusivamente udibile.
Nel 2004 Dave Winter, inventore del formato (Feader ss), e Adam Curry, DJ radiofonico, creano e diffondono il formato podcast in America. Dev’essere sottolineato che il 2004, anno della diffusione dei “touch devices”, è stato fondamentale per le innovazioni tecnologiche.
Il “boom” si raggiunse però nel 2014, dieci anni dopo, grazie alla divulgazione da parte di MPR, una delle più importanti divulgatrici culturali radiofoniche al mondo(assieme alla BBC). Ed è appunto il 2014 l’anno dell’uscita di “Serial”, la ricostruzione di un caso di CallCase da parte di Sarah Koeing, il tutto con spirito giornalistico. E da questo momento, a seguito dell’attenzione pubblicitaria, si risconta un improvviso ritorno di interesse per questa piattaforma. Il podcast, così, si distacca dall’essere un fenomeno di nicchia, soprattutto per i suoi bassi costi di produzione.
La conoscenza dei podcast di anno in anno aumenta esponenzialmente, grazie alle varie piattaforme di divulgazione, quali “iOS Podcast”, “Audible”, che approda in italia nel 2016, “Storytell”, “Spreaker” e il notissimo “Spotify”. Il target di coloro che usufruiscono di podcast è principalmente di giovani, questo perché la fruizione avviene quasi esclusivamente attraverso lo smartphone.
Il podcast lavora generalmente su interessi specifici delle persone, a differenza della tendenza di produzione di Internet, che è ancora molto generalista. Per questo è fondamentale riuscire a individuare il proprio pubblico e veicolarlo al meglio verso il proprio prodotto.
La “BBC” ci fornisce un endecalogo (11 regole) per una perfetta produzione Podcasting:
1. Un podcast non è un programma radiofonico, anche se un programma radiofonico viene ascoltato come un podcast.
2. Le nuove generazioni, che non avranno mai una radio, considerano i podcast le loro radio, ma rileggete la regola 1.
3. La storia e l’argomento determinano la lunghezza di un podcast.
4. I podcast sono pensati per una generazione digitale: siate rispettosi e delicati nelle loro orecchie e nelle loro teste.
5. Siate informali e intimi, ma la libertà di usare un linguaggio ruvido non è un obbligo.
6. I podcast hanno lo stesso potere di un’arte visiva: sono come il cinema per le orecchie.
7. La forza dei podcast sta nei dettagli. I podcast raccontano storie emotive e complesse, che siano reali o inventate.
8. In un ciclo continuo di notizie, i podcast, attraverso il focus e il contesto, fanno chiarezza.
9. I podcast creano comunità molto forti.
10. Non importa la loro provenienza, i podcast hanno comunque un accesso globale.
11. I podcast sono versatili. Tutte le regole sono modificabili, tranne la prima.
Con queste regole la BBC sottolinea l’emancipazione del formato podcast dalla “sorella maggiore”, la radio. Per un produttore di podcast, cinque elementi risultano fondamentali: il pubblico, il contenuto, che dev’essere potenzialmente rilevante per qualcuno, l’obbiettivo, il tempo e la passione.
Di passione di parla Filippo Soccini, studente del “Liceo Classico Cairoli”. Filippo, da oramai qualche mese, gestisce e produce un suo podcast, nella totale indipendenza. Giovane, curioso, sperimentatore, Filippo torna da un anno trascorso in Finlandia carico di idee e progetti e trova il suo sfogo in un virtuale e vivo dialogo con il pubblico del suo podcast, “Cosa Soccede”.
Ospiti, tematiche, esperienza in Finlandia, tecnologia: una giovane con tanto da dire ci parla del suo progetto podcast.