La coscienza di Zeno


 AUTORE

Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz, scrittore italiano che visse a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, nacque a Trieste il 19 dicembre 1861 e morì a Motta di Livenza (in provincia di Treviso); nel corso della sua vita fu autore di tre romanzi e diverse storie brevi. Il primo romanzo che scrisse nel 1892 è intitolato Una Vita e tratta delle vicende inventate di Alfonso Nitti, un impiegato triestino caratterizzato dall’inettitudine. Il secondo invece, intitolato Senilità venne pubblicato a puntate sul quotidiano “Indipendente” nel 1898 e come il precedente tratta delle vicende di un personaggio fittizio, frutto della fantasia di Svevo, lo scrittore Emilio Brentani. Entrambi i romanzi non riscossero il successo sperato e Svevo decise di lasciare la sua professione di scrittore per diventare un commerciante. Passarono gli anni e poco alla volta si riavvicinò al mondo della letteratura, prima traducendo alcuni romanzi inglesi e in seguito nel 1919 iniziando a lavorare all’opera maggiore della sua vita: il terzo e ultimo romanzo che pubblicherà nel 1923: La coscienza di Zeno. Tutti i tre romanzi presentano diverse caratteristiche in comune: trattano tutti di personaggi frutto della fantasia di Svevo e narrano le storie di vite comuni, di persone normali che riflettono sulla loro vita

INTRODUZIONE 

Il romanzo tratta delle vicende di Zeno Cosini, che si racconta in una autobiografia diaristica, sotto richiesta del dottor S, fiducioso nelle potenzilità terapeutiche della psicoanalisi anche per la guarigione dalla dipendenza dal fumo. Il dottore si introduce così nella prefazione al romanzo: “Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere…Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia”. Il racconto della vita di Zeno Cosini, che inizia subito dopo non è presentato seguendo una linea cronologica, cioè partendo dagli avvenimenti dell’ infanzia per arrivare fino a quelli più recenti, bensì è organizzato intorno a grandi “temi” ben differenziati in ogni capitolo. 

LA DIPENDENZA DAL FUMO 

Il primo capitolo è dedicato al buffo rapporto con le sigarette, che caratterizza il signor Cosini sin dall’infanzia: Zeno racconta infatti di aver rubato diverse volte i sigari al padre di nascosto, che andava poi in paranoia perché non ricordava dove li avesse riposti. Ma la parte più interessante della sua relazione con il fumo avviene durante la sua giovinezza in cui cerca in tutti i modi di smettere di fumare, fallendo ripetutamente. Ogni grande avvenimento per lui era come l’occasione perfetta per fumare l’ultima sigaretta. Un esempio è la morte di suo padre che egli annotò sul libro di filosofia: “ «15. 4. 1890 ore 4 e 1/2. Muore mio padre. U.S.». Per chi non lo sapesse quelle due ultime lettere non significano United States, ma ultima sigaretta”. Nel frattempo anche le piccole occasioni divennero l’ennesima scusa per fumare “un’ultima sigaretta”, che aveva, seconda la sua opinione, un sapore diverso rispetto alle sigarette normali, più intenso, poichè cariche del sapore della presunta vittoria sulla tentazione. Questo suo continuo provare a smettere di fumare e ripetuto fallire rappresenta il tratto più caratteristico della sua personalità, ossia la mancanza di volontà ferrea, che lo caratterizzerà in tutta l’opera;  Zeno si distingue per gli innumerevoli buoni propositi quasi subito disattesi.

LA FAMIGLIA, LA MOGLIE E L’AMANTE

Gran parte del libro è dedicata al rapporto di Zeno con la sua famiglia. Viene prima presentata e introdotta la figura paterna – alla madre si accenna soltanto in quanto morta quando Zeno era un fanciullo – e il suo rapporto conflittuale con il protagonista. Il signor Cosini, vecchio commerciante triestino, aveva una visione del mondo opposta a quella del figlio: mentre questi aveva una visione relativamente ottimistica, ironica e spensierata della vita, il padre era molto più serio, pessimista e assolutamente privo di ogni vena umoristica. Il rapporto tra i due consisteva solo nel rispetto reciproco, in particolare quello di Zeno per il padre, ma mancava felicità e amore reciproco. Solo nel momento estremo della morte del padre, Zeno, ripensando alle azioni passate, si rammaricò di non essersi comportato meglio con il vecchio genitore, e pianse a dirotto come non aveva mai fatto in vita sua. Morto il padre, ritrovatosi solo all’età di circa trent’anni, decise di voler trovare moglie. Si recò perciò sempre più spesso a casa Malfenti, il cui capofamiglia era Giovanni, un commerciante ben più vecchio di Zeno che per lui era stato come una seconda figura paterna. Qui conobbe le quattro figlie di Giovanni: la bellissima Ada, la ribelle Alberta, la strabica Augusta e la piccola Anna. Alla vista dei riccioluti capelli di Ada il cuore di Zeno fu rapito; ai suoi occhi non esisteva nessun’altra. Cominciò così a recarsi quotidianamente in quella casa, illudendosi che Ada fosse interessata a lui (era cortese nei suoi confronti) e venendo invece respinto platealmente quando, una sera alla richiesta di sposarlo, Ada rifiutò amaramente l’offerta. Così Zeno, che si era deciso a prendere moglie quella sera stessa, chiese ad Alberta e, rifiutato nuovamente anche se in maniera più gentile, chiese infine alla bruttarella Augusta, che accettò prontamente.  Il matrimonio tra Augusta e Zeno si rivelò come una sorpresa per Zeno: egli imparò ad amare Augusta e, anche quando la tradì con una ragazza molto più giovane e carina di nome Carla, lo fece sempre col rimorso e con la determinazione che sarebbe stata l’ultima volta (come con le sigarette). Ada invece ebbe una sorte ben peggiore, in quanto sposò il giovane a ricco Guido, che sembrava essere un marito perfetto, ma che si rivelò invece essere un pessimo compagno. Tradì con molteplici donne Ada, senza però avere la decenza di nasconderlo come aveva fatto Zeno con Augusta, e sperperò il patrimonio di famiglia giocando in Borsa. Zeno, che era intanto diventato amico di Guido, si propose di aiutarlo raccogliendo dei soldi (parte suoi e parte della famiglia Malfenti), ma Guido, disperato, cercò di fingere il suicidio per incentivare i parenti a prestargli i soldi; sfortunatamente morì in quanto assunse dosi di veleno troppo alte. Il romanzo si conclude con una psicoanalisi di Zeno nel tempo in cui sta scrivendo: è il padre di un figlio e una figlia che oramai sono già degli adolescenti ed è, tutto sommato, un bravo e affettuoso marito.

RIFLESSIONI DI UNA VITA

Il romanzo è estremamente interessante in quanto offre diversi spunti per analizzare la propria vita in chiave critica. Zeno arrivato all’età di sessant’anni, costretto dal dottor S, ripensa a tutti gli avvenimenti, incontri e azioni che hanno caratterizzato la sua vita. Ciò gli offre la possibilità di ripensare a tutti gli sbagli, gli errori e le male interpretazioni che ha commesso. Permette soprattutto all’autore di raccontare tutti gli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita di Zeno in senso critico e allo stesso tempo senza mai diventare noioso. Dati i diversi parallelismi tra la vita del personaggio inventato e l’autore, questa vuole probabilmente essere anche una autoanalisi della propria vita. Questo esercizio messo in atto da Svevo è un insegnamento per tutti i lettori che sono quindi chiamati, di tanto in tanto, a riflettere e ad analizzare la vita già vissuta per trarne insegnamenti utili a diventare persone migliori.

 

Matteo Braga

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