LIUC: UN BENE DA SCOPRIRE

Nelle giornate del 25 e 26 marzo 2023, l’Università LIUC (Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo) di Castellanza è stata uno dei beni protagonisti delle giornate di Primavera organizzate dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) e alle quali hanno collaborato giovani apprendisti ciceroni come noi. L’intento dell’opera del Fai è quello di valorizzare e di far conoscere a sempre più persone beni che costituiscono il patrimonio culturale e sociale del nostro paese, spesso poco considerato e trascurato.

In questo articolo, abbiamo pensato di rivivere con voi il percorso di visita da noi predisposto e mostrarvi aspetti della LIUC forse meno conosciuti.

L’Olona come padrone di casa

 La particolarità di questo bene è sicuramente la continuità con il passato. Si tratta di un luogo che ha avuto una grande importanza per la comunità locale, ha modellato il territorio e vi ha lasciato un’impronta importante. Parliamo di un sito che, nel corso degli anni, è passato da una funzione industriale, a un periodo di progressivo abbandono, al quale sono susseguite una serie di opere di riqualificazione e di restauro per dargli la funzione che ha assunto ai giorni nostri. Purtroppo, ci sono ancora moltissime aree lasciate al degrado, ma proprio a questo proposito è nato il progetto MILL (Manufacturing, Innovation, Learning, Logistic), volto a riqualificare in futuro alcune delle zone ancora abbandonate. Perché parliamo di “Olona come padrone di casa”? La risposta è rintracciabile nell’importanza che il fiume ha avuto per l’origine di questo sito. Infatti, il fiume Olona insieme al parallelo Corso Sempione – Corso Matteotti – definisce il territorio che ospita l’edificazione di questo particolare fatto urbano.

L’Olona è parte integrante della visione della Valle dell’Olona come locus amoenus, soprattutto verso l’inizio e la metà dell’800, quando le famiglie provenienti soprattutto da Milano l’hanno scelto come luogo di villeggiatura. A questa qualità estetica si è aggiunta ben presto una funzione prettamente lavorativa e industriale. Fin dall’età moderna in questo territorio erano, infatti, presenti numerosi mulini per la macinazione dei cereali. Molti imprenditori hanno quindi iniziato ad acquistare territori adiacenti al fiume sfruttandone le capacità idriche per avviare le loro attività, inizialmente per mezzo dei mulini, in seguito grazie a turbine e macchine a vapore. Tra questi anche Costanzo Cantoni, che ha fondato il cotonificio, oggi LIUC, nel 1845.

Un fine non solo pratico, ma anche estetico

Stabilimento XX secolo

La prima tappa del nostro percorso è rappresentata dal fabbricato costruito tra il 1902 e il 1905 sotto la direzione di Carlo Jucker. Questo è stato il cuore pulsante dello stabilimento nel XX secolo, dove trovavano spazio i telai automatici azionati dalla forza del vapore e dove, senza sosta, lavoravano donne, uomini e bambini. È caratterizzato da un’architettura eclettica di fine ‘800 ed è sviluppato su tre piani, con ampie finestre in grado di garantire un’illuminazione abbondante. Guardando la facciata, è subito evidente il fine estetico oltre a quello pratico. Per esempio, si possono notare il bugnato del basamento, le lesene in laterizio e le paraste con basi e capitelli sugli spigoli delle torri. Accanto a questo corpo centrale della fabbrica, sono sorti in seguito numerosi edifici, tra i quali magazzini per la spedizione di merci, locali per la direzione amministrativa e spazi per gli operai come lavatoi e docce. Nelle torri che sorgono a intervalli regolari sono contenute le scale di emergenza e sui tetti sono collocate delle vasche per garantire all’interno un grado costante di umidità.

Lavoro e lavoratori

Ex sala macchine

 Gran parte degli edifici presenti nella zona a valle del complesso erano organi vitali di quella che era definita “fabbrica integrata”, ovvero una fabbrica all’interno della quale avvenivano tutti i processi di lavorazione della materia fino ad ottenere il prodotto. Nel pianterreno di questi edifici, oggi utilizzato come parcheggio, sono ancora visibili i solidi pilastri utilizzati per scaricare il peso dell’edificio senza ricorrere a muri, che avrebbero limitato gli spazi necessari per le grandi macchine.

Ma chi erano coloro che lavoravano sulle suddette macchine? All’interno della Cantoni trovavano lavoro principalmente donne e bambini, che spesso e volentieri erano costretti a sopportare turni di lavoro di anche dieci o dodici ore; gli uomini, invece, erano occupati a lavorare nei campi per gran parte dell’anno, soprattutto durante il primo periodo di sviluppo industriale. Successivamente saranno gli uomini ad essere impiegati in fabbrica, mentre le donne lavoreranno in casa e nei campi, continuando comunque a compiere in casa i compiti assegnati loro dalle fabbriche. Era molto raro trovare intere famiglie che lavorassero in fabbrica, soprattutto per via delle paghe molto basse, dei luoghi di lavoro malsani e privi di misure di sicurezza adeguate.

Storia di un’iniziativa

Costanzo Cantoni

Lo stabilimento nacque nel 1845 per iniziativa della famiglia Cantoni, in particolare di Costanzo, imprenditori protagonisti dello sviluppo dell’industria cotoniera lombarda già a partire dalla tarda età austriaca. Costanzo Cantoni chiese di erigere una filatura nei pressi di un mulino già presente, appartenuto alla famiglia Brambilla e acquistato dagli stessi Cantoni. Il mulino serviva proprio per azionare, utilizzando la forza dell’acqua, i macchinari che filavano il cotone. Tra il 1847 e il 1848 Costanzo fece installare una turbina Kaplan e fece costruire una piccola tessitura, abbinata alla filatura. Nel corso di un ventennio i Cantoni acquistarono diversi mulini lungo il corso dell’Olona e l’opificio subì continui ampliamenti e rimaneggiamenti, inglobando anche aree circostanti ed edifici preesistenti, dando vita ad un progressivo processo di meccanizzazione. Nel 1854 si decise di ricorrere all’energia prodotta dal vapore come nuova forza motrice, installando una macchina a vapore. L’Unità d’Italia portò per la Cantoni una novità a livello societario: l’11 febbraio 1872 si diede vita al Cotonificio Cantoni e finanziamenti delle banche portarono ad avere il capitale necessario per l’ammodernamento degli stabilimenti. Tutti questi miglioramenti però non erano ancora sufficienti per garantire alla società una piena industrializzazione. Infatti, erano ancora troppi i telai a mano, i costi di produzione erano influenzati dalle conseguenze di un lento sviluppo del sistema dei trasporti (ferroviari), mentre la distribuzione prevalentemente al dettaglio non consentiva di adeguare i prezzi alle variazioni del mercato internazionale. La manodopera, ancora legata all’attività rurale, non garantiva la continuità della produzione in quanto abbandonava l’attività industriale in coincidenza con i lavori agricoli. Per riuscire a vedere un forte sviluppo tecnico, bisogna attendere la fine del secolo. Nel 1899 si intraprese un ampliamento del cotonificio che terminò nel 1905 con la costruzione dello stabilimento che ancora oggi domina il panorama cittadino. All’inizio del ‘900 alla dirigenza della società subentrò Carlo Jucker, personaggio di vitale importanza per la sopravvivenza della Cantoni durante il corso delle imminenti guerre mondiali. Durante la Prima guerra mondiale, infatti la Cantoni riuscì a sopravvivere principalmente grazie al suo contributo nei rifornimenti al fronte. La Cantoni forniva ai soldati combattenti tessuti e biancheria e, in compenso, riceveva un pagamento dallo stato. Ciò non vuol dire che la società uscì intatta dal conflitto, al contrario si trovò in difficoltà e, nei brevi anni di pace che seguirono, tentò di rimettersi in carreggiata, riscontrando una breve risalita dal periodo di crisi. Con l’arrivo della Seconda guerra mondiale la situazione peggiorò. La società si ritrovò costretta a utilizzare tutte le proprie scorte, poiché impossibilitata a intraprendere scambi internazionali o con altri paesi europei. Con la fine della Seconda guerra mondiale, iniziò il progressivo declino della Cantoni, ritrovatasi arretrata, svantaggiata, isolata e ormai non più competitiva. Negli anni successivi si assistette a diversi cambi di rotta da parte della direzione, prima si provò con la produzione di fibre sintetiche, poi di tessuti stampati, entrambe strategie rivelatesi fallimentari, fino ad arrivare all’inevitabile chiusura alla metà degli anni Ottanta del ‘900.

La vita dell’imprenditore

Spostandosi nella parte a monte dell’ex-cotonificio, si raggiunge il parco di Villa Jucker. Esso deve il suo nome proprio alla presenza di Villa Cantoni-Jucker, una splendida residenza settecentesca, attualmente sede dell’accoglienza per le matricole dell’Università. Costanzo Cantoni ha acquistato l’abitazione e il parco nel 1847, così da porre la sua dimora accanto alla fabbrica, come era frequente a metà Ottocento. Queste ville venivano costruite ispirandosi alle antiche ville del patriziato lombardo. Esse avrebbero garantito all’imprenditore un maggiore prestigio e un’effettiva visibilità sociale. ln epoca più recente la villa ha subito importanti lavori di manutenzione, ma sono stati mantenuti alcuni elementi originali: due colonne, probabilmente l’antico accesso alla villa stessa e un portico, in origine chiuso da vetrate, con archi a sesto ribassato e colonne tuscaniche in granito rosa. La dimora si sviluppa su due piani e presenta un impianto a “C”. Anche il colore dell’intonaco giallo intende riprendere i caratteri tipici di queste ville.

La villa è direttamente collegata alla tipica serra inglese (glasshouse), elemento immancabile nelle grandi dimore aristocratiche. Quest’ultima è stata voluta da Eugenio Cantoni (figlio di Costanzo), il quale ha dimostrato di conoscere i modelli inglesi, in quanto le serre italiane erano per la maggior parte ancora costituite da un edificio in muratura con finestre che, però, non garantivano la stessa illuminazione di quelle inglesi.

Oltre alla serra, nel giardino, restaurato in occasione dell’apertura dell’Università LIUC (1991), si trova anche una grotta artificiale, ispirata a quelle presenti in molti giardini delle ville fin dal ‘500. Questa presenza nel parco ha lo scopo di evocare un sogno: il locus amoenus che sta agli antipodi della fabbrica e dei suoi convulsi ritmi produttivi. La grotta è percorsa da due rampe di scale esterne che conducono a una terrazza belvedere e presso l’accesso principale sono collocati i resti di due dei quattro putti reggi lampione che, in origine, erano posizionati sui pilastri del cancello di ingresso al parco su corso Sempione.

Uno degli ultimi interventi

Intervento Latis

 Sempre nella parte alta dello stabilimento è possibile osservare l’intervento compiuto nell’ultima fase industriale della Cantoni. Esso risale agli anni che vanno dal 1960 al 1964 ed è opera dei fratelli Vito e Gustavo Latis. I due fratelli, entrambi laureati in architettura, avevano fondato a Milano lo Studio Latis Architetti. Proprio al loro studio è stato affidato questo intervento con lo scopo di creare una moderna fabbrica. Si tratta di tre edifici o “episodi” indipendenti, caratterizzati da una forte orizzontalità.

Il primo edificio realizzato è quello destinato ad accogliere i magazzini, oggi sede della LIUC Business School. Presenta una struttura in calcestruzzo ed è articolato su tre piani più un livello cantinato. L’edificio si caratterizza per la bellezza delle facciate dove si trova un disegno a riquadri sfalsati, delimitati da cornici in graniglia di cemento, che ospitano le finestre oppure elementi in laterizio.

Il secondo edificio viene edificato tra il 1961 e il 1962 ed è destinato alle operazioni di spedizione e al campionario. Oggi in questo edificio ha sede la biblioteca universitaria e alcune aule. Anche questo immobile è dotato di una struttura in cemento armato e presenta tre piani, il più alto dei quali è arretrato a formare una sorta di terrazzo.

L’ultimo intervento a opera dei fratelli Latis è la costruzione tra il 1963 e il 1964 della Torre a nove piani che avrebbe ospitato gli uffici. Oggi la torre è la sede degli studi dei docenti e della segreteria. Quello che negli altri due edifici era uno sviluppo orizzontale, qui diviene una ricerca di verticalità. Il pianterreno e la porzione dell’edificio opposta al fronte strada sono in cemento armato a vista e ospitano piccole aperture. Da questo blocco sporgono, quasi agganciandosi, i restanti piani dell’edificio, composti da un telaio in alluminio, una struttura secondaria in profilati di ferro, pannellature in cristallo grigio cupo e doppi vetri.

Aldo Rossi e la LIUC

Aldo Rossi

Come, quando e perché la ex Cantoni si trasforma in LIUC? Tra il 1989 e il 1991 una vasta area dell’ex cotonificio Cantoni fu riqualificata dall’Unione degli Industriali della provincia di Varese su progetto dell’architetto Aldo Rossi, con l’obiettivo di creare la sede dell’Università LIUC. Fondata nel 1991, prende il nome di Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo; il progetto s’ispira dunque alle idee di quest’ultimo, volendo realizzare un’università nata dalle imprese e per le imprese. Carlo Cattaneo è infatti convinto che, al centro delle risorse dello sviluppo economico, anche locale, vi sia sempre l’uomo con le sue qualità intellettuali. Oggi l’Università si pone come continuatrice della spinta industriale di cui questa zona è testimone, in primis occupando gli edifici della ex tessitura. La scelta di Aldo Rossi come architetto non è affatto casuale: Rossi fu incaricato proprio per la sua convinzione riguardo al fatto che un edificio può permanere in un contesto urbano come persistenza viva anche molto tempo dopo la sua costruzione. Lo scopo del suo progetto è di restauro, di conservazione e di riuso. Ciò vuol dire che Aldo Rossi ha iniziato il suo ragionamento su questo spazio umano con l’intenzione di reinterpretare gli edifici industriali, mantenerli, definire le loro nuove funzioni e integrarli alla città. Vengono aperti al pubblico gli spazi verdi che prima erano i giardini delle ville dei residenti, utilizzando il tema “parco” come elemento unificante; il nucleo della parte a monte viene riorganizzato a favore dei servizi di segreteria e amministrazione dell’Università, di una parte didattica e della costruzione di una grande aula magna, poi non edificata. Al fine di semplificare la vita degli studenti e dei professori, a valle, oltre agli edifici per la didattica ricavati dalla ristrutturazione del primo opificio, vennero realizzati anche parcheggi.

Tra presente e passato

Il senso dell’intervento di Aldo Rossi è ben percepibile nella zona a monte, soprattutto nella Piazza dei Gelsi. La piazza rappresenta infatti una sorta di spazio perfetto, che punta al futuro conservando le tracce del passato, della storia e della cultura locali. Le torri d’entrata, per esempio, richiamano le torri medievali e il materiale in cui sono realizzate, il mattone rosso, porta alla mente il cotto lombardo e la produttività che ha sempre caratterizzato le zone della Lombardia. I gelsi inoltre richiamano la tradizione della filatura e della tessitura nel territorio lombardo. Altri elementi di ispirazione più classicheggiante sono presenti nel resto della piazza, come il richiamo all’antica Grecia con l’architrave in ferro sorretta da due colonne, presente all’entrata dell’odierno bar.

Si conclude così la nostra riflessione sulla LIUC, un bene tutto da scoprire e ricco di tradizione e cultura che supera il tempo. Un sito che racconta la storia non solo di una famiglia, ma di tutte le persone che hanno partecipato al suo sviluppo e vi hanno lavorato.

 

Di Ielmini Ludovica e Trotti Giacomo

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