La battaglia per la verità

Pensate davvero di conoscere la verità?

Al giorno d’oggi sono sempre di più i modi che possiamo utilizzare per informarci: social, giornali e televisione sono solo alcuni esempi che utilizziamo per metterci al corrente di ciò che accade nel mondo. Tuttavia le notizie non corrispondono sempre alla realtà dei fatti e spesso ci vengono presentati eventi in contraddizione tra di loro a seconda del mezzo con cui decidiamo di informarci. 

Molti contenuti, infatti, vanno in contrasto con l’autenticità delle vicende, al fine di orientare i lettori verso una particolare ideologia. La proliferazione di immagini e video che riguardano fatti non reali dà vita alle cosiddette fake news, un fenomeno sempre più in crescita negl’ultimi anni che è finalizzato alla propaganda. 

“Se comprendere è possibile, conoscere è necessario”

Proprio così esordì Primo Levi: “Perché conoscere è necessario per vivere? E come facciamo a conoscere? ” La risposta alla seconda domanda può risultare banale, ma è proprio informandoci che possiamo accedere alla conoscenza ed essa rappresenta la prima chiave per la libertà. Pur essendo molto giovane,  guardando al passato mi rendo conto come l’informazione ha sempre rappresentato una forma di manipolazione di massa. Basti solamente pensare ai regimi dittatoriali per notare come i mezzi d’informazione venivano già utilizzati per il controllo sociale, poichè gestire una società con uno stesso pensiero è sempre stato più semplice per chi sta al potere. Oggigiorno la nostra consapevolezza dovrebbe indurci a comprendere come l’informazione può salvarci dalle catene invisibili che gli altri possono imporci.

Fermatevi e pensateci bene un attimo: dopo che finite una serie tv non c’è nessuno che vi può raccontare un fatto non presente nella trama, siete ben consapevoli di quello che sta dicendo l’altro. Anzi, riuscite anche a capire se quest’ultimo ha guardato davvero la serie tv ed è ben informato, oppure no. Bene, la stessa cosa accade nella vita quotidiana in qualsiasi argomento, è molto più semplice far credere qualcosa ad una persona che non è informata su ciò di cui sto parlando, è sufficiente riportare i fatti dando sicurezza a ciò che dico e l’altro ci crederà, è così.

Detto ciò possiamo capire come la conoscenza è una grandissima forma di potere, quindi informatevi ragazzi, informiamoci il più possibile per non essere vittime di inganni, vivendo così consapevolmente nella società che ci circonda!

Il mondo vi sta comunicando solo ciò che vuole voi sappiate?

Media e Innovazioni: aiuto o no per la pace?

Le innovazioni tecnologiche e i media possono giocare un ruolo significativo nel promuovere o ostacolare la pace e la libertà.

Come anche tu saprai i social media possono avvicinare le persone di diverse culture, facilitare la comunicazione e promuovere la comprensione reciproca; d’altra parte, le innovazioni tecnologiche e i media possono anche essere utilizzati per diffondere disinformazione, manipolare l’opinione pubblica, promuovere il conflitto, l’odio e la violenza.

Questo processo è noto come la teoria dell’agenda-setting, si ipotizza che i media, ormai diventati parte integrante della nostra vita quotidiana, possano influenzare le nostre azioni e plasmare le nostre opinioni, quindi promuovere o ostacolare ciò che conosciamo e consideriamo prioritario, tra i tantissimi eventi e problemi che caratterizzano la realtà.

Tuttavia, è importante sottolineare che il modo con cui le persone interagiscono con il mondo della tecnologia ne va a determinare il ruolo che svolgono. Infatti, i media hanno un ruolo decisivo nei processi di costruzione della realtà sociale soprattutto nel caso di eventi che avvengono lontano da noi, in questo modo essi determinano non solo ciò che conosciamo del mondo, ma anche come conosciamo il mondo.

Nelle situazioni di conflitto, inoltre, il processo di costruzione delle notizie è particolarmente difficile perché esiste il problema di verificare le fonti. I giornalisti, infatti, spesso non sono in grado di accedere al teatro di guerra. In questo caso, essi costruiscono le notizie sulla base di informazioni e/o testimonianze provenienti da altri.
Nelle guerre degli ultimi decenni il problema dell’attendibilità delle fonti delle notizie è stato particolarmente evidente. Ad esempio, i governi possono sopprimere la libertà di espressione e censurare le informazioni. Di conseguenza, le notizie sulle guerre sono spesso basate su informazioni parziali e non verificabili. Per formare un’opinione consapevole e critica della realtà, identificando la disinformazione, è essenziale attingere a più fonti di informazione e confrontare le versioni dei fatti che esse ci propongono. Quindi, conoscere attraverso i media può promuovere la pace e la libertà, ma anche sopprimerla.

 

Censura sulla questione palestinese

Proprio parlando di questo, un esempio molto attuale è ciò che sta succedendo in Palestina in merito all’informazione. Infatti, si parla di una vera e propria censura anti-palestinese, un vero e proprio silenzio dell’informazione su questo capitolo molto importante di storia. Solo dopo giorni, quando ormai il conflitto era evidentemente in corso, appaiono sui media italiani le prime notizie, queste però spesso con una imparzialità pregiudiziale contro il popolo palestinese.

La domanda che sporge spontanea è: perché avviene ciò in Italia?

Due sono i principali motivi: lo stretto rapporto tra Stati Uniti e Italia, con un conseguente assoggettamento delle linee guida statunitensi; e un buon rapporto con l’ambasciata israeliana. Queste motivazioni hanno portato i media italiani più tradizionali, come telegiornali e giornali, a riportare notizie con un evidente imparzialità.

Questo fenomeno non sta avvenendo solo nei mezzi d’informazione più tradizionali, infatti anche sui social media, in particolare Facebook e Instagram, sono molti gli utenti che denunciano il fatto che propri contenuti a favore della Palestina siano censurati. Motaz Azaiza, una giornalista palestinese residente a Gaza, racconta come Instagram ha censurato più volta la sua pagina perché lì erano pubblicate fotografie che mostravano gli effetti dei bombardamenti sui civili della striscia di Gaza.                                                                                                                      Questa è solo la più famosa delle testimonianza riguardanti questo evento, ma non è l’unica.

Questo fenomeno, recentemente denunciato, è noto come Shadow ban, ossia un fenomeno di manipolazione dell’algoritmo che rende meno frequente la visualizzazione di alcuni contenuti, il destinatario di questa restrizione spesso non è a conoscenza di quest’ultima, per questo è definito con questa espressione, che tradotta in italiano è “ban ombra”.

Alla luce di questa triste realtà ognuno tragga le proprie conclusioni, sono molte le domande che proprio tu lettore di questo articolo dovresti porti: è questa “l’informazione che rende liberi”? Oppure questo è un occulto tentativo di chi sta al potere di guidare la nostra opinione, senza farci conoscere tutta la realtà dei fatti?

 

Il potere degli influencer

L’arma più letale nelle guerre di informazione sono decisamente i social media, in quanto colpiscono gli utenti di notizie poco approfondite in continuazione. La libertà di informazione, in questo caso, gioca un ruolo molto pericoloso.

Cosa ci vuole ormai a prendere in mano un cellulare e condividere al mondo quello che si pensa? Un attimo.

I social non hanno limiti al riguardo e la gente lo sa, per questo li utilizza per raggiungere i propri scopi. Quello di cui la gente non si cura è la quantità di utenti che si limita a ricevere in modo passivo le informazioni senza accertarsi dell’affidabilità di chi le sta producendo.
Un ruolo cruciale è svolto dai personaggi pubblici che si avvalgono di un abbondante numero di fans, ossia dei sostenitori che li ammirano a tal punto da considerarli degli idoli indiscussi.
Come nella vita reale, quando una persona piace c’è la tendenza a fidarsi inevitabilmente di lei e a credere a tutto quello che dice senza porsi alcun dubbio. La stessa cosa ma in scala più ampia avviene quando gli influencer esprimono la propria opinione sui social e vanno a orientare le menti dei propri seguaci verso un preciso modo di pensare o agire. Questi personaggi acquisiscono la responsabilità di dover scegliere con maggiore attenzione quello che condividono con i loro ammiratori perché potrebbero avere delle importanti ripercussioni sulle loro vite.

è importante essere consapevoli di questo vero e proprio potere mediatico, per prendere scelte consapevoli. Un buon influencer, che è letteralmente colui che influenza, è quella persona che usa questa opportunità in modo positivo, trasmettendo al proprio seguito messaggi c informazioni verificate.

 

 

Dovremmo allarmarci che le macchine tecnologiche ci sostituiranno presto?

“L’umanità non avrà più bisogno di lavorare” disse Elon Musk. Dovremmo credergli?

La costante evoluzione della tecnologia ha dato vita a un immaginario in cui la tecnologia prende il sopravvento e comincia a gestire ogni aspetto della vita umana. La possibilità di essere rimpiazzato da una macchina tecnologica nel lavoro non appare più come un miraggio, al contrario, diventa sempre più reale e l’idea non rassicura affatto.

Per quanto possano esserci d’aiuto, le macchine tecnologiche rimangono esseri inanimati ed è proprio per le mille capacità che possiedono che intimidiscono le persone. L’essere umano è sempre stato abituato all’idea di essere invincibile, soprattutto in confronto a ogni altro ente presente sulla Terra e adesso è come se iniziasse a sentirsi minacciato da qualcosa (oppure qualcuno) che sembra superare le nostre abilità. Ma nonostante l’intelligenza artificiale sia più veloce e accurata nel risolvere i problemi, c’è una cosa che non ha e mai potrà rubare all’uomo: le emozioni.

Questi algoritmi ci aiutano in molti compiti quotidiani ma hanno bisogno di noi e dei nostri dati per essere alimentati. Essi non fanno altro che analizzare una serie di dati e non si preoccupano minimamente di comprendere o di cercare un perché logico delle cose.
La mente umana è sensoriale e immaginativa, dunque è facile notare la distinzione tra un materiale creato da una persona rispetto a uno prodotto da un software che manca di personalità.

Soprattutto nella comunicazione esiste una regione dove l’Al(Artificial Intelligence) non ha competenza, ovvero lo spunto creativo caratterizzato dall’uso di espressioni specifiche e metafore che servono a suscitare l’interesse del pubblico. Un giornalista possiede un senso di ciò che è più rilevante per la propria comunità perché ne comprende aspirazioni e problemi, perciò è difficile che venga sostituito del tutto.
Sicuramente la presenza dell’AI nelle redazioni potrebbe avere un impatto positivo e alleggerire il lavoro dagli svariati tecnicismi di cui è caratterizzato. Tuttavia, non è da sottovalutare il rischio che i newsbot contribuiscano alla disinformazione a causa di errori provocati dagli algoritmi che potrebbero addirittura generare video inesistenti e volti con sembianze reali.
È così che la tecnologia assume un aspetto “diabolico, si immette nei software e fa cose che i creatori non avevano in programma. Un esempio famoso riguarda Facebook: l’algoritmo aveva inserito tra le “categorie di clienti” alla quale era possibile vendere la fascia “gente che odia gli ebrei”. In questo modo sembrava che il social volesse avvicinare gli utenti all’antisemitismo, affermando l’esistenza di una categoria legittimata a odiare gli ebrei.

 

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