L’etica giornalistica
533 prigionieri, 65 ostaggi, 57 uccisi per aver raccontato verità che sembravano “scomode”. Questi sono solo alcuni dei dati che sono emersi dal report annuale 2022, dell’organizzazione internazionale no-profit Reporters Sans Frontières. Fondata a Montpellier nel 1985, l’obiettivo di RSF è quello di garantire il diritto di ogni essere umano ad avere accesso ad informazioni gratuite ed affidabili. La loro missione è quella di agire per la libertà, il pluralismo e l’indipendenza del giornalismo, realizzabile partendo dalle due colonne portanti di questo progetto: l’Articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Dichiarazione di Monaco. L’Aticolo 19, seguente l’articolo che riguarda la libertà di pensiero, recita queste parole: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.”
La Dichiarazione di Monaco è una lunga raccolta di norme guida per il lavoro del giornalista, nella quale sono indicati i diritti, i doveri e i valori del buon giornalista.
Queste e altre carte fanno riferimento all’etica giornalistica, ovvero il comportamento corretto, che comprende i diritti ma soprattutto i doveri, che il giornalista deve mettere in campo nel momento in cui si trova a dover scrivere un articolo. Questa figura è importantissima, è colei che ha il compito fondamentale di narrare, far conoscere e soprattutto far capire ciò che avviene intorno a noi; ha l’inestimabile incarico di riportare la verità.
La verità è da sempre un argomento controverso, è la via giusta ma allo stesso tempo quella più faticosa e incerta. Ammettiamolo, se nella vita di tutti i giorni certe verità risultano scomode o difficili da digerire, figuriamoci quando si parla di questioni di Stato o addirittura di politica internazionale. Per queste ragioni diventare giornalista significa anche compiere una scelta e accettare le conseguenze che ne derivano. Il buon giornalista non si lascia intimorire dai rischi del mestiere, crede fermamente in quello che fa. È sempre alla ricerca di dialogo e confronto con altre opinioni anche contrastanti rispetto alle sue, si interroga e si mette in discussione. Quando scrive deve essere chiaro e trasparente, non può distorcere la realtà come meglio gli conviene, dovrebbe narrare i fatti così come stanno, rimanendo imparziale, senza far prevalere opinioni personali o posizioni politiche, che sbilancerebbero il lavoro.
In merito a questo tema si può aprire una piccola parentesi sulla più controversa e influente giornalista italiana, Oriana Fallaci, classe 1929. Leggere quello che la Fallaci scrisse ai suoi tempi, nella società di oggi ha un forte impatto. In un mondo in cui si parla tanto di politicamente corretto, di inclusione e integrazione, i suoi scritti risulterebbero pesanti. Eppure rimane una figura da ammirare e il cui livello tutti i suoi colleghi dovrebbero mirare a raggiungere. Nonostante le sue controverse idee sul mondo Islamico, Oriana si è dimostrata una giornalista estremamente tenace, coraggiosa e brutalmente diretta, il cui scopo era quello di cercare la verità dietro ai volti dei potenti, uomini narcisistici e assetati di potere. Fu corrispondente di guerra in Vietnam e intervistò diversi personaggi di spicco della politica di allora, in particolare appartenenti al mondo Orientale tra i quali l’ayatollah Khomeini e Mu’ammar Gheddafi, dittatore di Libia. Davanti a queste personalità non si lasciò intimorire, ma acquisì la giusta carica per porre domande irriverenti, schiette e coraggiose per cercare un confronto-scontro molto interessante che mettesse in discussione diverse idee politiche. Questa influente giornalista si spense nel 2006 a causa di un cancro, ma rimane ancora oggi un esempio nel campo del giornalismo per il forte spirito che l’ha sempre contraddistinta.