La censura social nei vari paesi

La censura social nei vari paesi

Secondo lo studio condotto dai ricercatori del centro studi Comparitech, il continente con il più grande grado di censura è l’Asia, dove è presente la maggiore concentrazione di stati che limitano l’acceso libero alla rete. 

Lo studio sottolinea come ci sia un preoccupante aumento dei Sati dove viene applicato una qualsiasi restrizione o divieto all’accesso alla rete. L’ultimo stato, in ordine temporale, ad aver applicato questo tipo di restrizioni è la Turchia. Ankara ha difatti emanato una legge che permette al governo un maggiore controllo attraverso un reference locale sui contenuti di alcuni social media come, ad esempio, Facebook e Instagram.

Ma nel mondo non è solo la Turchia ad impedire il libero accesso a Internet. Nel 2020 la Casa Bianca voleva limitare l’accesso al social Tik Tok, per prevenire che la Cina ottenesse dati personali tramite la piattaforma. 

Al giorno d’oggi uno degli esempi più grandi di censura riguarda la guerra in Palestina e di come Instagram stia censurando i post pro-Palestina in occidente.

Sui Social Network è difficile dimostrare di avere uno Shadow Ban, ma utenti da tutto il mondo affermano che i contenuti relativi alla Palestina raccolgono un numero insolitamente basso di interazioni. 

Molly Crabapple, un’artista e autrice di New York, spiega come, dopo aver condiviso un post che riguardava la distribuzione di armi da parte di Israele ai coloni in Cisgiordania, ha ricevuto uno Shadow ban da Instagram. “È un pericoloso tentativo di soffocare le informazioni”, afferma l’autrice.

Mona Shtaya, borsista del Tahrir Institute for Middle East Policy specializzata in diritti digitali e residente in Cisgiordania, afferma che c’è un’enorme censura dei contenuti palestinesi. L’accesso frammentario alle informazioni favorisce la diffusione della disinformazione e aumenta il rischio di provocare momenti di panico fra le persone

Nel New York Times Aya Omar, un esperto di intelligenza artificiale, ha affermato di non riuscire a vedere gli account dei media palestinesi, poiché Meta ha bloccato gli account.

Alcuni utenti hanno segnalato che anche Facebook ha censurato profili pacifisti e boicottato sit-in organizzati sui social. “Instagram e Facebook stanno oscurando i post sulla guerra tra Israele e Palestina, a volte dicendo che i blocchi sono dovuti a difficoltà tecniche” ha affermato il think tank Hampton Institute in un post su X. Andy Stone, portavoce di Meta, in risposta ha scritto “Questo bug ha interessato gli account in egual misura in tutto il mondo e non aveva nulla a che fare con l’argomento del contenuto: l’abbiamo risolto il più rapidamente possibile”.

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