Con la mascherina una lacrima non fa rumore

Siamo 3 ragazze, 3 adolescenti, siamo una piccola parte di ciò che ci circonda, siamo un piccolo gruppo con l’obbiettivo di far sentire la nostra voce e di portare il nostro punto di vista su questa situazione, sulla pandemia e sui suoi effetti, a più gente possibile.

L’inizio del caos

A inizio 2020 la nostra vita è stata d’improvviso stravolta, quella che per noi era la normalità, è stata spazzata via senza darci la possibilità di rendercene conto. La sera prima eravamo fuori con gli amici mentre la mattina dopo eravamo bloccati nelle nostre case con la paura di una cosa a noi sconosciuta e con l’idea che tutto sarebbe finito da lì a breve anche se, purtroppo, non è stato cosi.

I social e il loro potere

In questa circostanza i social e la rete in generale, sono stati i nostri alleati più grandi perché ci hanno permesso di rimanere in contatto tra di noi e in alcuni casi di avere anche una visione più chiara e diretta di ciò che ci circondava; ci hanno trasmesso messaggi positivi, rassicuranti; sono riusciti a intrattenere e rasserenare, anche solo per pochi minuti, centinaia di migliaia di persone.

I social ci hanno permesso di sentirci meno soli, di avere sempre e comunque qualcuno al nostro fianco; grazie ad essi abbiamo passato notti intere a ridere e piangere insieme ai nostri amici.

Hanno così reso la situazione creatasi un po’ più normale, facendoci comunque ritrovare quella spensieratezza e serenità che si ha quando si sta con amici, con persone a cui teniamo.

Essi, grazie alle personalità più influenti, sono anche riusciti ad aiutare in modo concreto, attraverso campagne di raccolte fondi, la costruzione e il miglioramento di reparti di terapia intensiva in tutta Italia, citiamo per esempio Chiara Ferragni e Fedez con la terapia intensiva dell’ospedale S. Raffaele di Milano. (nell’immagine sopra riportata troviamo alcuni influencer che hanno contribuito e/o lanciato raccolte fondi)

Noi e il mondo

Nonostante i social ci abbiano permesso di rimanere in contatto con l’esterno, i rapporti interpersonali sono notevolmente cambiati.

Se prima abbracci e baci erano caratteristiche di quasi ogni uscita, ora lo sono diventati distanze e mascherine (o almeno così dovrebbe essere), se prima non ci si facevano problemi a salire su un treno con destinazione ignota, ora ci si fanno mille paranoie anche solo per uscire in paese con gli amici più stretti.

Concerti, instore e serate in discoteca sono stati sostituiti da eventi online; sagre e feste del paese sono stati annullati, oppure rimandati a date incerte, insieme a tutte le diverse manifestazioni, tra cui anche le olimpiadi.

Ci è stata così tolta la possibilità di uscire, di conoscere nuove persone e di vivere questa parte della nostra vita in maniera normale, ci è stata tolta, ovviamente in maniere giustificata, una parte della nostra adolescenza, se ne stanno andando mesi e anni che nessuno ci riporterà.

Nonostante ciò, ci è stato permesso, di passare un’estate abbastanza normale, ovviamente con delle restrizioni, ma sicuramente in condizioni più piacevoli rispetto a quelle della primavera.

Siamo potuti partire per le vacanze, abbiamo potuto passare dei mesi senza l’obbligo della mascherina, siamo potuti uscire da quelle nostre case che iniziavano a starci strette, abbiamo potuto, anche solo per un piccolo momento, riprendere la nostra vita in mano.

Avendo passato poi tanto tempo in casa con la propria famiglia anche i rapporti con essa sono cambiati, in alcuni casi in meglio, in altri in peggio.

In questa situazione, come è capitato a noi, abbiamo conosciuto aspetti nuovi del carattere sia nostro che degli altri componenti del nucleo famigliare, abbiamo magari imparato ad aprirci un po’ di più con loro, a confidarci con loro, abbiamo certamente avuto discussioni e litigi che ci hanno portato più e più volte ad evadere con la mente dalla situazione in cui eravamo.

Attualmente con il nuovo dpcm, il quale ci impone di restare in casa per almeno un mese, risulta e risulterà sempre più difficile tornare alle vecchie abitudini, essendo reduci da un’estate con uscite, amici e una libertà non indifferente.

Dad o non Dad, questo è il problema!

Con la fine dell’estate è anche ricominciata la scuola, in maniera differente in ogni istituto; mentre con il lockdown di marzo vi era solo didattica a distanza per tutti gli studenti, da settembre ogni scuola si è differenziata: c’è chi ha preferito una didattica interamente in presenza e chi, come il nostro liceo, ha preferito metà classe in presenza e metà in didattica a distanza.

Nonostante questa prima suddivisione, ora tutte le scuole sono tornate interamente in didattica a distanza visto l’ultimo aumento significativo del numero di contagi.

Tra i diversi tipi di didattica, a parer nostro, quella di settembre è risultata la peggiore, in quanto: la metà classe a scuola risultava notevolmente avvantaggiata dato che in presenza le lezioni appaiono più facili da seguire rispetto che in DAD; verifiche e interrogazioni erano tuttavia concentrate in una sola settimana, quella che si faceva in presenza, rendendo così la settimana a scuola molto pesante e carica dal punto di vista dello studio; infine questa situazione ha portato anche a delle discussioni tra le due metà classe per la suddivisione di test e prove orali.

Per quanto riguarda invece la DAD estesa a tutta la classe, abbiamo riscontrato diverse difficoltà, in primo luogo con l’adattamento a questo nuovo metodo, infatti ci sono stati parecchi ostacoli dovuti a problemi di rete e al modo di organizzare le lezioni in quanto eravamo privi di tutti quegli elementi che ritenevamo essenziali per la nostra vita a scuola; un altro “problema” per noi studenti è quello di essere da soli, chiusi nelle nostre stanze, senza i nostri compagni con cui parlare e confrontarci durante le lezioni; inoltre la presenza di componenti del nucleo famigliare, i quali, molte volte, non curandosi di noi, si mettono a creare caos e scompiglio non facilitano certo le lezioni; infine un ultimo problema è rappresentato dal modo di somministrare test e dare valutazioni, le quali molte volte, a parer nostro, non sono risultate coerenti.

Le nostre storie

Nonostante quanto affermato in precedenza sia frutto dell’unione dei pensieri di ciascuna di noi, ora vorremmo raccontare la vicenda dal punto di vista di ognuna, esprimendo i nostri pensieri, timori e le nostre riflessioni.

La prima ragazza, Camilla:

“Questa quarantena mi è servita molto, mi ha aiutata a riflettere, sia su me stessa che sulle persone che mi circondano; mi ha aiutata a trovare la forza di affrontare determinate situazioni createsi in passato; mi ha fatto capire che a volte si ha bisogno di stare da soli, di piangere e di buttare fuori tutto quello che si ha dentro; mi ha fatto aprire gli occhi su tante persone, ho capito che è inutile rincorrere persone che non fanno altro che allontanarsi da te.

Ho riscontrato tante difficoltà in questa situazione, la maggior parte dovute al mio essere paranoica e in molti casi anche ipocondriaca, avevo paura di cosa sarebbe potuto succedere, avevo paura che qualcuna delle persone a me care potesse stare male e che potesse lasciarmi e sapevo benissimo che non avrei superato un’altra perdita.

Penso però che la difficoltà maggiore sia stata il non poter uscire di casa, il non poter vedere i miei amici, il non poter uscire e stare con loro e la mancanza di quegli abbracci di cui ho tanto sentito il bisogno, di quegli abbracci e di quel contatto fisico che ora non do più tanto per scontato.

In compenso, in famiglia, mi è sembrato di ritrovare quell’unione e quei modi di fare che si erano avuti durante la malattia di mio fratello, quella sintonia e quella complicità che non vedevo da tanto tempo, quei pomeriggi passati a ridere cucinando, giocando a carte, guardando un film o semplicemente stando in giardino a prendere il sole.

Questa situazione mi ha fatta crescere molto, mi ha insegnato a non dare tutto per scontato, mi ha fatto capire che veramente l’unione fa la forza e che insieme supereremo anche questa, basta solo adeguarsi alla situazione e capire che queste restrizioni sono fatte per permetterci di riprendere una vita normale il prima possibile.”

 

La seconda ragazza, Chiara:

“Personalmente non sono una persona ansiosa o stressata e nemmeno ipocondriaca quindi tutta questa situazione non mi ha cambiata molto. Inoltre fortunatamente le persone vicino a me non hanno contratto il virus o se l’hanno contratto in forma lieve.

Invece il non poter uscire con gli amici è stato molto difficile; nel primo lockdown, con la scusa della scuola non sarei uscita con gli amici neanche più di tanto, quindi non è stato così faticoso per il primo mese. Dopo di che è stato sempre più difficile perché le uniche persone che vedevo erano i miei famigliari e ovviamente vedendo solo loro si finiva per litigare e discutere. Stando solo con loro ho anche scoperto loro aspetti che non conoscevo e comunque ci siamo anche soffermati a parlare di argomenti un po’ più seri.

Questo secondo lockdown invece è stato molto più faticoso in quanto reduce da un’estate che è stata fantastica, con uscite, amici, mare e vacanze (nel rispetto delle norme anticovid). Di conseguenza, essendo abituata ad uscire tutti i giorni, tornare a non poter uscire e non poter vedere i propri amici è e sarà sempre più faticoso.

Ovviamente questa situazione ha portato anche ad avere molto tempo per stare da soli e potersi dedicare ai propri hobby o a riflettere. Ritengo che a volte si abbia bisogno di stare da soli così da poter riflettere su se stessi e sulle persone che ci circondano. Il problema sorge quando si sta così tanto tempo da soli senza avere contatti con altre persone. I social hanno aiutato molto noi ragazzi in questo periodo perché ci hanno permesso di rimanere in contatto, di rimanere intere serate insieme a parlare, sentendoci così meno soli.

In conclusione da questo periodo ho imparato l’importanza dei momenti passati insieme alle persone a cui voglio bene ma anche l’importanza del fermarsi a riflettere e dello stare un po’ da soli.”

 

La terza ragazza, Nicoleta:

“La quarantena mi ha portata a riflettere molto e a ripensare a scelte fatte in passato. Mi ha fatto capire che spesso non apprezziamo ciò che abbiamo e ciò che ci circonda. Prima per esempio un abbraccio, un bacio erano all’ordine del giorno e nessuno dava ad essi tutta quella importanza che a parer mio, invece, avrebbero meritato. Il rapporto con genitori e amici è cambiato.

Con i miei genitori, passando molto tempo insieme, forse ho imparato ad aprirmi di più ma ciò non ha eliminato tutti i litigi e le incomprensioni che abbiamo, a volte anche per cose inutili. Per quanto riguarda gli amici la quarantena mi ha anche un po’ mostrato chi c’è nel momento del bisogno, le persone su cui posso contare. È straziante, a parer mio, non poter abbracciare e baciare le persone a cui teniamo, ma poter solo vederle e sentirle attraverso uno schermo.

La tecnologia in questa situazione particolare ci aiuta molto, ci permette di rimanere in contatto con persone a noi care. Ci permette di fare, in parte, le cose che facevamo prima che tutto ciò accadesse, ma virtualmente. È grazie alla tecnologia che, in questo periodo, riusciamo ad andare a scuola per esempio, a dedicarci alle nostre passioni facendo sport o altro, in videoconferenza.

Ovviamente ciò non può sostituire le giornate passate con i compagni in classe a parlare e a condividere le proprie esperienze ma, comunque, fa sembrare tutto più normale. In conclusione, la quarantena mi ha insegnato ad apprezzare anche i piccoli gesti, a non sottovalutare tutto.  Mi è servita anche per dedicarmi a me stessa, riordinare tutti i miei pensieri, fissare degli obbiettivi ma soprattutto per mettere, almeno per una volta, me stessa in primo piano.”

Conclusione

In conclusione, dopo aver raccontato le nostre esperienze, riteniamo giusto riportare anche alcuni dati statistici che a parer nostro riassumono e forniscono un quadro molto chiaro della situazione. I dati sono relativi al questionario “Gli effetti nascosti della pandemia” proposto da un gruppo di studentesse di Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca per il corso di Psicologia Clinica di Comunità.

(il questionario è di carattere non scientifico)

Prima di concludere definitivamente volevamo invitarvi ad ascoltare questa canzone, ad ascoltarla con il cuore

 

 

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