I giovani sono da sempre visti come ribelli, rivoluzionari, anticonformisti riuniti in piazze, strade, città a far valere i propri ideali, alla ricerca di loro stessi e di un mondo in cui possano vivere esprimendosi senza costrizioni.

Nel 2020 non è stato così.

Soli, isolati per il loro stesso bene hanno dovuto rinunciare a tutto ciò che per anni è stato scontato, costretti a vedere gli amici solo in quadratini su uno schermo, ad accantonare qualsiasi tentativo di godersi la loro età migliore.

Gli adolescenti sicuramente non stanno vivendo bene questa situazione, ma si sono molto responsabilizzati e saranno gli ultimi a mollare” così risponde lo psicologo, psicoterapeuta e scrittore Matteo Lancini – docente di psicologia dell’Università Bicocca di Milano – alla domanda “Che impatto avrà il lockdown sulla psiche e sulla vita degli adolescenti?”

Sappiamo bene che fin da subito la fascia colpita maggiormente dal Covid-19 è stata quella delle persone più anziane, più fragili, ma alcuni studi affrontati da Eurofound – fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e del lavoro – hanno dimostrato che a vivere peggio questa situazione di pandemia sono stati i giovani.

Chiusi in casa e privati di ogni contatto umano gli adolescenti hanno riscontrato nella solitudine una nemica detestabile, ogni tipo di relazione è stata interrotta a favore della tutela della salute, ma solo quella fisica non quella psicologica.

Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, – ricercatore presso l’università degli Studi di Milano – ha dichiarato che la sofferenza emotiva e sociale dei giovani si è palesata a livelli diversi di intensità a seconda dell’età: nei bambini più piccoli si sono riscontrati dei sintomi regressivi, mentre negli adolescenti si sono registrati manifestazioni di natura ansiofobica o la sindrome della tana alla fine della quarantena, un hikikomori – giovane che sceglie l’autoisolamento- senza progettualità.

Spesso si sente dire da un adulto quanto rimpianga la gioventù, gli anni migliori di tutta la sua esistenza, mentre noi della generazione Z stiamo guardando la nostra vita scorrere senza di noi.

Erroneamente è un pensiero condiviso tra gli adulti che la quarantena abbia anche degli aspetti positivi, ma non è ciò che pensano i giovani che anelano soprattutto a vivere con spensieratezza.

Nonostante da sempre gli studenti si lamentino dell’anacronismo della scuola, del ritardo dei trasporti, della tanto odiata sveglia, gli adolescenti non possono stare senza la socialità della scuola, senza l’adrenalina delle interrogazioni, senza le risate con gli amici.

Noi che siamo stati definiti dal filosofo e psicanalista Miguel Benasayag “i protagonisti dell’epoca delle passioni tristi”, dal sociologo Zygmunt Bauman “affiliati della società liquida”, siamo ora stati travolti in uno spazio-tempo fermo e parallelo alla Stanley Kubrik.

Nonostante questo senso di impotenza ed incertezza che ci porta a chiuderci in noi stessi e a vivere il mondo come una minaccia, noi risponderemo “armandoci” della speranza che tutto questo debba servire a qualcosa.

Forse…

Gocce d’inchiostro

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