La visione dell’artigiano- Geppetto, con i suoi strumenti di lavoro quasi sacri e le doti manuali tramandate da generazioni, mal si sposa con quella dell’automa che svolge un lavoro ripetitivo e alienante. Per molti è difficile vedere un possibile collegamento tra la prima forma d’arte, che potremmo chiamare “di fino”, e la seconda, frutto del costante sviluppo nel settore digitale.

Sorge a volte “un astio” nei confronti di quest’ultima, quasi volesse cancellare con pochi e meccanici movimenti tutto il sentimento di un lavoro manuale e appunto artigianale.

 

In realtà non è affatto così. Bisognerebbe iniziare a pensare all’innovazione tecnologica come ad un “prolungamento” dell’artigianato, ad uno strumento per migliorarlo e valorizzarlo. L’innovazione c’è sempre stata, fin dai tempi di Leonardo da Vinci, che “aveva la capacità di effettuare connessioni di cui non sapevamo l’esistenza e di vedere gli schemi che collegano una materia all’altra”, come dice Walter Isaacson.

Infatti l’artigiano che utilizza il digitale aggiunge qualcosa al prodotto, che acquista un enorme valore potenziale.

 

Luca De Biase, giornalista per il quotidiano “Sole24Ore”, dice: “l’innovazione non ostacola la tradizione, perché con tradizione si intende sapere come sono fatte le cose fatte bene, e non fare le cose come si è sempre fatto, che invece è sintomo di pigrizia mentale”.

Se parliamo di “lavoro del futuro” è sbagliato preoccuparsi della scomparsa dell’artigianato, soppiantato dall’innovazione tecnologica, perché questo non accadrà, a patto che non si perda di vista il vero valore dei prodotti e del lavoro stesso. Ed è importante che questo valore sia riconosciuto e compreso sia dal produttore che dal consumatore.

Artigianato ed innovazione tecnologica possono quindi coesistere e migliorarsi vicendevolmente, l’uno portando il suo estro creativo e l’altro il suo progresso tecnico e digitale, per creare prodotti di alto valore, riconosciuto in maniera universale.

 

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