Liberi tutti: a 40 anni dalla LEGGE BASAGLIA

La Legge Basagia è una legge entrata in vigore il 13 maggio del 1978, con lo scopo di chiudere tutti gli ospedali psichiatrici e i manicomi italiani.

Varata esattamente quarant’anni fa, questa Legge non è stata applicata subito in tutti i centri. Dato che non erano state date istruzioni precise alcuni ospedali psichiatrici rimasero aperti per molto tempo, come il caso di Varese, il cui manicomio rimase aperto ed operativo fino al 1998.

Ma oltre a quelli per adulti esistevano i manicomi dei bambini, nei quali venivano rinchiusi fin dalla tenera età di 2 o 3 anni.

In questi centri non si trovavano solo bambini affetti da patologie psichiatriche, ma anche affetti da sordità per esempio, o con difficoltà psico-fisiche, difatti venivano utilizzati come una vera e propria discarica sociale.

I bambini provenienti da famiglie con uno stato di povertà grave, i figli di donne nubili che desideravano rifarsi una vita venivano abbandonati in queste strutture mostruose alle cure di “infermieri” feroci, ai quali oltretutto non veniva richiesto un diploma per esercitare la professione, ma solamente una licenza elementare basilare e una corporatura robusta per fronteggiare con facilità le eventuali ribellioni e difficoltà incontrate.

I bambini non venivano più considerati persone, ma venivano definiti arnesi, in quanto considerati inutili per le famiglie e non avevano nessun diritto sociale.

Un esempio lampante è l’ospedale psichiatrico Villa Azzurra, a Grugliasco, nei pressi di Torino.

Manicomio dedicato alla “cura” dei bambini, nel 1973 si trova al centro di una denuncia sociale, pubblicata sul giornale L’Espresso con un articolo di Gabriele Invernizzi, abbinato alla foto cardine scattata da Mauro Vallinotto, nella quale viene ritratta una bambina di circa dieci anni, senza vestiti, con mani e piedi legati in uno stato di degrado.

Dopo questo articolo di denuncia Villa Azzurra verrà chiusa nel 1979.

Al seguito della chiusura nasceranno alcune cooperative per l’aiuto a quei bambini a cui è stata strappata l’infanzia e che dovranno imparare tutto da capo, anche le cose basilari come mangiare, dato che per i pasti erano legati e imboccati dagli infermieri.

Una delle cooperative adibite allo scopo è IESA, con la quale prende piede il progetto di integrazione degli ex bambini usciti da Villa Azzurra nelle famiglie e si cerca di diffondere il pensiero che non è assolutamente vera la teoria che i pazienti stanno meglio nelle strutture adibite piuttosto che nelle famiglie.

Alberto Gaino, giornalista e scrittore de Il manicomio dei bambini, approfondisce i temi riguardanti gli ospedali psichiatrici dopo il varo della Legge Basaglia.

Lo scrittore cerca documentazioni riguardo i manicomi dei bambini, anche tramite testimonianze di essi, di infermieri, di medici e psichiatri.

Sfortunatamente la maggior parte degli ex bambini non sono stati trovati, come le cartelle cliniche, e in quelle poche sono state rinvenute solo annotazioni di poco conto per nulla utili.

Con il Dr Coda si apre una parentesi funesta e piena di sofferenza per i segregati in queste strutture, infatti Coda fece uso sui suoi pazienti dell’elettroshock per ben tre anni.

I bambini venivano legati e la giustificazione di questa pratica era che veniva messa in atto per il loro bene, per rieducarli e proteggerli da loro stessi.

Sui giovani pazienti venivano chiamati elettro-massaggi, ovviamente da svegli, e venivano utilizzati come punizione soprattutto per gli accaduti della notte, quando i pazienti legati erano impossibilitati a muoversi e banalmente ad andare in bagno, quindi inevitabilmente si sporcano.

Nel 1977 Enaudi pubblica Il paese dei celestini, in cui viene denunciata la Magistratura e in particolare come reagiva e trattava le denunce rivolte ai manicomi.

Nessuno si occupava di quei bambini, erano soli.

 

Giulia Destefanis, giornalista e videomaker, ha realizzato un video in cui vengono raccolte testimonianze su quel tempo, perché il ricordo è l’unico modo per non commettere nuovamente gli stessi errori ed evitare che la società torni a chiudersi in ste stessa ed escludere.

Perché quei bambini di certo non sparivano nel nulla, la gente era al corrente di dove si trovavano e delle loro condizioni, ma preferivano, forse per paura o ottusità far finta di niente e ignorare il problema.

 

Ora che gli ospedali sono chiusi, però ci sono altre difficoltà.

Molte strutture sono ancora abbandonate e difficoltose nella gestione.

Alcune sono diventate stupendi campus universitari, altre sono adibite ad aventi culturali, per esempio tra il 10 e il 21 luglio 2018 si è tenuto l’annuale Flower Festival, avendo come sede l’ex manicomio di Collegno, nei pressi di Torino.

Il tema della ristrutturazione è molto controverso, in quanto si crede, da una parte, che essa possa aiutare e rendere gli spazi utili per la comunità, ma dall’altra si pensa che lasciando gli spazi come in origine si possa aiutare la gente a non dimenticare.

 

A che punto siamo?

Anche se la mentalità riguardo al tema trattato non è ancora del tutto superata.

Fortunatamente, in ogni caso, i medici degli ospedali e delle cliniche odierne, che non hanno nulla a che fare col passato, sono specializzati e gli infermieri hanno intrapreso un diverso percorso professionale, con ovviamente alla base gli studi adeguati.

Ma sfortunatamente, nonostante gli enormi progressi, sul territorio mancano diverse strutture di accoglienza per i pazienti.

 

A cura di Irene Colombo

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