Tutte le barriere del Trasporto Sostenibile
Che siamo in una situazione di emergenza alle prese con il cambiamento climatico ormai è nozione (quasi) comune: non servono nemmeno i dati raccolti e pubblicati dal progetto Copernicus (iniziativa attivata proprio in questo ambito dall’ESA – Agenzia Spaziale Europea), che ci ricorda che l’anomalia media della temperatura globale per i primi 10 mesi del 2024 è di 0.71°C al di sopra della media tra 1991 e 2020.
È quindi evidente come sia necessario un cambio di rotta rispetto a quanto fatto fino ad oggi, in particolare sul piano delle emissioni: se è pur vero che la maggior parte di esse derivino dall’industria, comunque il trasporto stradale, secondo i dati del parlamento europeo, produce circa il 18% della CO2 totale, e ciò dipende in una piccola parte da ciascuno di noi
Sarebbe allora facile invitare tutti a spostarsi mediante mezzi alternativi, ma è davvero così facile e accessibile a tutti? Analizziamolo insieme dalla prospettiva di un ragazzo pendolare residente in un piccolo comune del Varesotto.
Il primo metodo a cui pensiamo riflettendo sulle opzioni di mobilità sostenibile sono i TPL (trasporti pubblici locali), che, quantomeno nel Nord Italia, sono discretamente distribuiti. Nonostante questo il Rapporto della Mobilità ISFORT 2022 ci riferisce che in media i pendolari che usufruiscono di mezzi quali treni, pullman, metro e tram si ritengono soddisfatti solo in 6 casi su 10, appena la sufficienza: basti pensare ai ritardi quasi sempre presenti, alla scarsa sicurezza garantita (si ricordi il recente caso del capotreno accoltellato nei pressi di Genova per un biglietto non fatto), ai continui aumenti dei prezzi (l’ultimo, del 5%, avvenuto il primo di settembre del 2023) e, infine, alla scarsa affidabilità influenzata spesso da scioperi sempre più frequenti (secondo una stima di Sky Tg24 circa 1 ogni 22 giorni). Alla luce di tutte queste problematiche (che al Sud si sommano ad una sempre più evidente penuria di mezzi) la sufficienza appare quasi azzardata.
Altra opzione possibile sono i taxi, che però raggiungono costi eccessivi (a Milano € 1,32 al km e di € 34,48 all’ora) e in più non risolvono praticamente la questione ambientale: per quanto da un lato non implichi il possesso di una macchina da parte di chi ne usufruisce, dall’altro implica un ingente emissione dovuta al servizio protratto per tutto il giorno.
La Sharing Mobility si pone come la migliore soluzione sulla media percorrenza: secondo le stime dell’Osservatorio sulla Sharing Mobility, infatti, a fronte di una spesa mensile media di € 381 per un possessore di automobile (tra bollo, RCA, benzina etc…) la “mobilità condivisa”, ovvero la condivisione di mezzi (automobili in primis, ma anche bici e monopattini elettrici), costerebbe a chi ne usufruisce solamente € 68. Un bel guadagno, vero? Ed effettivamente lo è anche per l’ambiente, e lo sarebbe ancora di più se questa fosse una pratica diffusa: purtroppo, alle stime dell’ISFORT 2022 risulta che per 10.000 abitanti in media in Italia siano presenti solamente 61.7 mezzi, mentre a Milano, la metropoli più all’avanguardia nel campo, sono disponibili “ben” 211.5 mezzi.
Ancora più conveniente diventa nel caso della micromobilità, ovvero tutti quegli spostamenti che avvengono in brevi tratti metropolitani: la condivisione di monopattini elettrici e biciclette è davvero vantaggioso per tutti (non di meno per gli stessi automobilisti, che si vedono ridotto il traffico e aumentati i posteggi liberi): chiaramente rimane limitato a quelle persone che sono esenti da problemi di salute e che non devono recarsi a particolari eventi – resta difficile immaginare una persona in doppiopetto presentarsi a lavoro in bici con la cravatta al vento.
Se si pensa che finora si è parlato di situazioni bene o male cittadine, si consideri che comunque il 70% dei comuni ha meno di 5000 abitanti e in parecchi di questi (soprattutto nel Meridione) i servizi sono limitati o del tutto assenti. Un esempio di questo lo troviamo non lontano da noi: basta spostarsi di 15 km da Varese e considerare la situazione del paesino di Gornate Olona, piccolo comune di poco più di 2000 abitanti della nostra provincia, che è servito da meno di 10 bus al giorno in periodo scolastico: senza automobile è quasi impossibile spostarsi verso gli altri paesi (tutti ad almeno 5/10 minuti di viaggio), e chiaramente del car sharing ancora non ne si vede l’ombra.
Insomma, per quanto il cambiamento climatico avanzi sembra che, senza gli opportuni ingenti investimenti nell’ambito dei Trasporti, l’Italia sarà restia al cambiamento (che rimane fondamentale e centrale): qualche spiraglio si comincia ad intravedere, come ad esempio l’introduzione a partire del 22 settembre scorso da parte del comune di Varese di una nuova flotta di 12 autobus elettrici, tuttavia è necessario ricordare a chi brandisce la spada della (giusta) necessità di cambiamento che la realtà è un solido muro che, a meno di soldi, stenta a cambiare.