Da sette laghi a sei e mezzo…?
La Provincia di Varese è stata fin dal XVIII secolo una meta turistica molto apprezzata in tutta la Lombardia. Uno dei tratti caratterizzanti del territorio è la presenza di sette laghi in un’area relativamente ristretta. Fra questi uno in particolare è stato importante per la storia della città della cui porta il nome. Il lago di Varese, oggi è da molti conosciuto e frequentato nei fine settimana come meta di passeggio e cicloturismo.
In anni recenti si sono tenute diverse competizioni agonistiche di canottaggio, fra cui i mondiali che hanno valorizzato un lago altrimenti inutilizzabile. Infatti non è balneabile e non è consigliabile la consumazione della pescagione da esso derivante a causa dell’acqua poco salubre. La cattiva qualità dell’acqua è in parte dovuta alla storia industriale della città ma in gran parte dalla mancanza di grandi immissari e emissari che permettano un ricircolo dell’acqua stagnante. Si tratta infatti di un lago glaciale i cui immissari sono piccoli torrenti e fiumiciattoli che nascono dal massiccio del Campo dei Fiori.
Il lago di Varese si posizione a sud dell’omonima città e con i suoi 15 km quadrati si posiziona dodicesimo per estensione fra i laghi sul territorio nazionale. Ciononostante nel corso dell’ultimo secolo ha vissuto un processo di graduale restrizione evidenziato da numerose testimonianze fotografiche e importanti reperti storici tornati alla luce con scoperta sull’isolino Virginia (unica isoletta del lago), di palafitte risalenti al periodo neolitico, riemerse proprio a causa del ritirarsi delle acque.
Per cercare di capire come fosse il lago meno di un secolo fa e come possa in futuro evolvere, ci siamo rivolti al Sig. Renzo C., 82 anni, nato e residente a Capolago. Egli ci racconta che la sponda del lago si è allontanata del paese di molto dai tempi della sua infanzia quando era solito fare il bagno. Ricorda che il bacino fosse in grado di fornire sostentamento per la sua famiglia e molte altre durante i tempi difficili della seconda guerra mondiale quando in altre parti della regione, in particolare nella città di Milano, c’era una scarsità di cibo. La teoria da lui proposta per spiegare il fenomeno di restrizione della superficie lacustre è che la roggia (Canale artificiale di modesta portata impiegato per l’irrigazione e l’alimentazione di mulini o di piccole centrali elettriche) sfociando nel lago, con il tempo ha immesso molti detriti raccolti lungo il suo tragitto riducendone le dimensioni.
Oramai l’afflusso di acqua è prevalentemente di origine pluviale. Spesso nei periodi autunnali e primaverili quando si registrano le maggiori precipitazioni il livello del lago si innalza notevolmente. Il cambiamento è però solo temporaneo. Per pochi giorni pare poter raggiungere le sue dimensioni originali per poi ritornare a quelle usuali.
Non si sa per certo cosa accadrà al lago in futuro. Quello che tutti possono fare è cercare di rispettarlo e salvaguardarlo poiché la sua scomparsa cambierà inesorabilmente la compagine territoriale.