Secondo te qual è il nostro habitat naturale? La nostra casa, la nostra città o il mondo intero? Come noi, credo che anche tu sia da sempre abituato a non avere confini e a scoprire un mondo tanto vario e colorato da stupirci ogni singola volta. Quante volte noi adolescenti siamo stati considerati vittime di un mondo tecnologico sempre più falso, rapiti da una realtà che va nella direzione sbagliata?
Ma ti svelo un segreto, in realtà non mi rattrista affatto la connessione che va a momenti, o il non poter andare in discoteca; non faccio i salti di gioia pensando di passare la giornata sui social o facendo lezione dal divano.
Mi manca il contatto, vedere i miei amici, sentire l’agitazione nella pancia prima di un un’interrogazione difficile. Gli aperitivi su Google Meet non hanno lo stesso sapore di quelli al bar e le foto del mare su Instagram non profumano di salsedine.
Costretti entro le quattro mura di casa nostra, piano piano abbiamo perso contatto con la realtà esterna, chiudendoci sempre di più all’interno della nostra bolla. E come quando guardiamo per la prima volta un documentario su un nuovo pianeta o su un territorio inesplorato, le immagini di quell’ambiente a noi così familiare, ora mostrate dai telegiornali, ci paiono diverse da come le ricordavamo. Ci troviamo come catapultati in un universo parallelo, nel quale facciamo fatica a ritrovarci, come i protagonisti di quei film apocalittici in stile “Io sono leggenda”.
Durante la quarantena gli unici mezzi per scoprire quello che succede fuori dalla mia camera sono i giornali e i notiziari. Il mondo sembra essere sotto attacco, tanto veniamo bombardati da grafici, servizi e numeri sull’andamento dei contagi.
Che fine ha fatto il mondo che conoscevo? Sembra che il coronavirus abbia spazzato via tutto, e noi ci troviamo piccoli davanti ad una realtà più grande di noi, in cui gli adulti parlano, agiscono e decidono, ma nessuno di loro ci rassicura dicendo: “ehi ragazzi, vi vediamo, non ci siamo dimenticati di voi”. Eppure, fino a poco tempo fa eravamo proprio noi giovani le radici del nuovo mondo, quello del futuro. Mi sembra che di tutti questi propositi non sia rimasto più nulla, il virus ci ha tolto anche il diritto di contare, di significare qualcosa.
A poco servono tutte quelle affermazioni cariche di ottimismo provenienti dall’alto, che presto tutto finirà, che ritorneremo rapidamente alla normalità. L’unica impressione che ci viene suscitata è quella che, usando le parole di Lucio Dalla, sebbene anche quest’anno passerà tra un anno, non ci sarà una novità per la quale prepararsi.