I Leoni di Sicilia è una biografia romanzata di Stefania Auci, la cui prima edizione fu pubblicata nel maggio del 2019; si mettono in risalto le prime due generazioni di una delle più ricche e conosciute famiglie “siciliane”: i Florio.
Chi non ha mai gustato il celebre Marsala o guardato un documentario sull’invenzione del tonno sott’olio? Ecco, questi prodotti sono una parte dei Florio. La scrittrice, come se riavvolgesse il nastro di una pellicola, racconta le tappe che hanno visto nascere “casa Florio”, ripercorrendo e narrando la Sicilia dell’Ottocento: le vicende dei Borboni, i moti rivoluzionari, l’arrivo dei Garibaldini.
Bagnara Calabra, 16 ottobre 1799… Inizia così la storia dei nostri protagonisti, Paolo e Ignazio, due fratelli costretti a lasciare la propria terra a causa di un forte terremoto che gli ha portato via tutto. Da questo momento comincia l’ascesa dei Florio.
Paolo è un uomo ambizioso, a cui non basta essere soltanto un semplice bagnarese; la sua bramosia di essere qualcuno e di appagare il suo orgoglio lo portano alla decisione di lasciare la sua terra alla volta di Palermo insieme al fratello Ignazio, la moglie Giuseppina, il figlioletto Vincenzo e la nipote Vittoria. Sono uomini di mare i due fratelli, piccoli commercianti di spezie senza nulla se non l’intraprendenza e l’ambizione, ma questo non basta… scopriranno presto, a loro spese, che questa città  può offrire tanto ma, allo stesso tempo, può togliere altrettanto. Per farsi accettare non bastano gli straordinari successi imprenditoriali dei fratelli e men che meno l’apertura, mediante sacrifici, di un negozio di spezie, il commercio di seta e di zolfo e la produzione di china, perché a Palermo (prima ancora del denaro) conta il sangue, la provenienza e i Florio sono e rimarranno sempre degli stranieri, immigrati di umili origini, i cui guadagni puzzano ancora di sudore.
Dopo la morte di Paolo, il figlio Vincenzo, cresciuto con amore dallo zio Ignazio, trasforma un vino semplice, considerato da “poveri”, in Marsala, in una sorta di nettare per gli dèi e, inoltre, riescono a mettere su una propria compagnia di navigazione ed i loro prodotti vengono ben presto conosciuti in tutta Europa.
Vincenzo diventa l’asse portante nella crescita della famiglia e del relativo successo, destreggiandosi abilmente durante i moti rivoluzionari e senza inimicarsi la casa regnante napoletana, ed in pochi anni assumerà la guida della maggiore attività imprenditoriale del Regno delle due Sicilie.
Si sa che gli uomini forti ed intraprendenti hanno bisogno di avere accanto donne altrettanto eccezionali: Giuseppina, moglie di Paolo, sacrifica tutto, compreso l’amore, per la stabilità della famiglia e poi Giulia, la giovane milanese che entra come un vortice nella vita di Vincenzo diventandone il porto sicuro, la roccia inattaccabile.
Per quanto concerne lo stile narrativo si presenta fluido e scorrevole, intrecciando pagine minuziose di cronaca a situazioni in cui prevalgono toni melodrammatici, come l’epidemia di colera a Palermo e la fuga dalla città .
Il dialetto siciliano è presente nel romanzo; infatti, quello che più mi sembra attinente alla storia è “cu mania, un pinìa”, citato dall’autrice la quale vuole intendere che chi si dà da fare non patisce (proverbio siciliano).
Dove non arriva la conoscenza, arriva la fantasia accompagnata dall’immaginazione: ed ecco che l’autrice rivela le ragioni del romanzo, ossia il desiderio di rendere giustizia a una famiglia di persone fuori dagli schemi che ha contraddistinto un’epoca.
Personalmente già dal primo volume Casa Florio con i suoi protagonisti ingegnosi, scaltri, profondi e quella Sicilia meravigliosa che fa da sfondo alle vicende politiche ed economiche della sua ascesa, mi ha colpito fin da subito e mi ha incuriosita a tal punto da voler scoprire come continueranno le avventure dei Florio… aspettiamo il prossimo libro!
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